Emilio Grandinetti

Emilio Grandinetti: il sindacalista che fece tremare l’America

 

Emilio Grandinetti era nato il 29 ottobre 1882 a Decollatura da Antonio e Filomena Pascuzzi. Il padre Antonio gestiva un’osteria nei pressi della chiesa di Casenove, mentre la madre lavorava come filatrice. Era il primo di dieci figli: Rachela nata nel 1885, Maria Rosa nel 1888, Angelo Raffaele nel1890, Maria Carmela nel 1892, Raffaela nel 1894, Luigi Attilio nel1897, Adelina nel 1899, Ugo Riccardo nel 1902, Esterina nel 1904.

Casa natale di Emilio Grandinetti in Via V. Veneto, Decollatura CZ

Casa natale di Emilio Grandinetti in Via V. Veneto, Decollatura CZ

Persone con il cognome Grandinetti sono presenti a Decollatura dalla fine del Settecento, ad Adami e Casenove. Il ramo cui apparteneva Emilio è quello residente a Casenove e che ha come capostipite un certo Francesco di cui non si sa altro:

Albero genealogico dei Grandinetti

Albero genealogico dei Grandinetti

Frequentò la scuola elementare a Catanzaro e  in seguito fu mandato nell’Istituto Tecnico di Messina. Nella città dello stretto Emilio Grandinetti continuò gli studi all’università, nella facoltà di ingegneria.

Fu questo periodo trascorso all’università a influire profondamente e definitivamente sulle sue idee, sulla sua cultura e sulla sua sensibilità. Compagni di studi e di vita erano lo studente di ingegneria e futuro poeta Vittorio Butera, il cugino di questi Umberto Stranges, Peppino Petracca (“elegante suonatore di chitarra”), Gigi Sirianni (“grande matematico”).

In primo piano Emilio Grandinetti e Vittorio Butera; dietro Umberto Stranges e Gigi Sirianni

In primo piano Emilio Grandinetti e Vittorio Butera; dietro Umberto Stranges e Luigi Sirianni

A Messina Grandinetti si occupa subito di politica militante. Alla fine dell’Ottocento e all’inizio del Novecento fiorisce il movimento operario e sindacale e con esso il Partito socialista. Inoltre Messina è un laboratorio politico molto importante per la Sicilia e la Calabria. Nei suoi ricordi Grandinetti parla di una medaglia con l’effige di Carlo Marx che gli era stata regalata dal deputato socialista Giovanni Noè. Di lui dice «Il Noè era l’idolo non solo della città ma di tutta la Sicilia. Con quella barba bionda e fluente, con quel cappello a larghe falde, questo austero personaggio imponeva rispetto e godeva di grande stima e di grande popolarità.»

Emilio Grandinetti con una copia dell'Avanti, Costantino Scuderi e Francesco Fazio, 1900 circa

Emilio Grandinetti con una copia dell'Avanti, Costantino Scuderi e Francesco Fazio, 1900 circa

Nessuno degli altri protagonisti del movimento socialista di Messina viene dimenticato, neanche dopo più di mezzo secolo, da Emilio Grandinetti: «Il Circolo Socialista di Messina in quei tempi raccoglieva un gran numero di studenti e professionisti e di lavoratori del braccio. Ricordo il dottore De Angelis, il dottore Timpano, Nicola Cizza, Costantino Scuderi, Borrelli, Pasquale Alecci, Repaci, Romeo e non bisogna dimenticare i fratelli Fulci, professori universitari e deputati al Parlamento che davano molto del loro tempo all’attività operaie. E come dimenticare Giuseppe Toscanodirettore del giornale settimanale socialista indipendente Germinal, al quale diedi il mio tempo libero lottando per l’epurazione politica della città.» In queste note autobiografiche è già contenuta la sintesi dell’impegno politico di Emilio Grandinetti: la lotta per i diritti dei lavoratori e delle classi umili ma anche contro i corrotti e coloro che approfittavano delle cariche politiche per tornaconto personale. Anche a scrivere comincia presto, come egli stesso afferma, dapprima sul Germinal e poi su tanti altri giornali e riviste del movimento sindacale. Le lotte sui diritti dei lavoratori si intrecciano con quelle più squisitamente locali come quelle condotte nel consiglio comunale di Messina dai consiglieri Scuderi e Noè. La lotta non era fatta solo di parole e articoli. Nelle strade e nelle piazze gli scontri e le aggressioni nei confronti dei socialisti erano frequenti. Per potersi difendere Grandinetti dovette persino procurarsi una rivoltella con cui, racconta, poté salvarsi la vita allorché, ritornando a casa insieme a Giuseppe Toscano insieme al quale sosteneva le dimissioni del sindaco della città implicato in irregolarità della sua amministrazione, furono aggrediti nella Piazza della Matrice. A stento riuscì a evitare il sequestro dell’arma da parte degli agenti di pubblica sicurezza, e che poi, partendo per l’America, lasciò a Toscano per ricordo.

Il centro della vita studentesca era il “Circolo calabrese” che Emilio Grandinetti definisce «la più importante istituzione della città, la vita e la forza dinamica che manteneva alto il prestigio dell’elemento studentesco». Era allora nel pieno della gioventù e nonostante l’impegno e il sacrificio per conciliare impegno sociale e studio, Emilio Grandinetti trovava anche il modo di divertirsi insieme agli amici. Nel suo stesso appartamento abitavano Vittorio Butera, Umberto Stranges, Luigi Sirianni, Eugenio e Peppino Petracca compagni delle pazze corse in bicicletta da Messina a Ganzirri (che ne era una frazione distante circa 10 km verso nord) per gustare le ottime ostriche e dare un’occhiata più da vicino alla Calabria, fin quasi a toccarla. E poi gli incontri settimanali con un gruppo di socialisti a Catania, al ristorante “Giardini e Montanari”, per gustare gli arancini di riso e parlare di politica, pensando a come raccogliere fondi per la pubblicazione dei giornali e anche ridendo delle salaci barzellette che circolavano sui calabresi o sui siciliani.

Ganzirri, Messina e la costa calabrese

Ganzirri, Messina e la costa calabrese

 

Fra gli amici della provincia di Catanzaro – la «mia provincia», come orgogliosamente la chiama nel citato articolo del 1958 ­– ricorda Enrico Mastracchi, Peppino Casalinuovo, Camillo Mandalari, Rosarino Costanzo «bello e timido come una fanciulla», Oscar e Napoleone Butera, gli avvocati Camillo Loriedo e Giuseppe LoRusso che pubblicavano a Nicastro il settimanale «L’Araldo».

A un certo punto, nel 1906, Emilio Grandinetti decide di partire per gli Stati Uniti d’America. La motivazione da più fonti viene ricondotta al pericolo di essere arrestato per via di un articolo (probabilmente pubblicato sul «Germinal» di Messina) che criticava la famiglia del re d’Italia. Non mi è stato finora possibile trovare il testo dell’articolo nè Emilio Grandinetti tornerà mai sull’episodio, ma le fonti che sostengono questa motivazione avevano le loro buone ragioni per farlo. In ogni caso si trattava di un pericolo che si giocava tra i militanti e gli organi di polizia, poichè non ci fu processo nè tantomeno condanna.

Tornato a Decollatura per organizzare il viaggio, decide di portare con sè anche il fratello maschio più grande, Angelo Raffaele, che comunque aveva ancora solo 15 anni.
I due fratelli si imbarcano da Napoli il 31 ottobre 1906 sulla motonave Canopic diretta a Boston dove sbarcheranno il 12 novembre.

Porto di Boston nel 1906

Porto di Boston nel 1906

 

Particolare della lista passeggeri

Particolare della lista passeggeri

Esattamente un anno dopo la partenza dall’Italia di Emilio Grandinetti vi giunge Elvira Forte, una giovane donna di Catania, poco più che ventenne, che s’imbarca a Napoli sulla motonave Re d’Italia insieme al fratello Giuseppe, più grande di lei di sette anni, con destinazione Chicago dove vive un altro loro fratello di nome Emilio. Tutto lascia intendere che Emilio ed Elvira avessero concepito di comune accordo il progetto di trasferirsi in America per ritrovarsi e vivere insieme.

La destinazione di Emilio Grandinetti è Michele Pane, il più famoso emigrato di Decollatura, poeta e scrittore, molto conosciuto in Calabria e negli Usa. Non so dire dove i due si erano conosciuti e se si fossero mai incontrati, certo è che è proprio in Michele Pane e in New York che Emilio Grandinetti individua la sua meta. In quel periodo Michele Pane abitava, come già detto, a Baxter Street, nel cuore di Little Italy, e lavorava nella Banca Tarabella. Fu lo stesso tipo di lavoro che venne offerto a Emilio Grandinetti appena giunto, come egli stesso racconta in un articolo su «La Parola del Popolo» dal titolo «50 anni di lotte e di aspirazioni fra gli Italiani di Chicago» del 1958.
La casa di Michele Pane (che ancora non era sposato) era il ritrovo di poeti e intellettuali, soprattutto italoamericani, ed è lì che Emilio Grandinetti conobbe le prime personalità di spicco del nuovo continente. Fra queste egli stesso ricorda Riccardo Cordiferro (pseudonimo di Alessandro Sisca): «Nei primi tempi del mio arrivo a New York avevo conosciuto il Cordiferro nella casa del carissimo Michele Pane, ove io risiedevo, e spesse volte ascoltavo da ambo gli scrittori, la declamazione di parecchi dei loro poemi. Però una mi era rimasta impressa nella memoria: “A rigina de’ vuoschi” scritta da Riccardo Cordiferro in italiano e tradotta in vernacolo dal Pane.»

«La mia prima occupazione in America fu un posto in una Banca. Vi restai poche settimane. Non era il mio ambiente. Oltre l’orario lunghissimo e monotono non sapevo adattarmi alla vita di scribacchino.» Con queste parole Emilio Grandinetti ricostruisce l’impatto con il lavoro dipendente in America. La stessa insofferenza aveva provato Michele Pane per quello stesso tipo di impiego, ma quest’ultimo vi si era rassegnato e lo continuò per diverso tempo. Grandinetti era abituato alla vita del militante politico, alle redazioni dei giornali, all’azione continua e nulla l’avrebbe potuto costringere alla vita da impiegato.
Tentò, su suggerimento di amici, la pubblicazione di un giornaletto settimanale (nella tipografia Nicoletti Bros.) ma si accorse che non era quello il suo modo di vivere. «Avevo lasciato da poco Messina ed era fresca, nella mia memoria, l’attività svolta nel partito socialista e nel giornale Germinal al quale avevo dato molti anni della mia gioventù mentre ero studente.
«Avevo partecipato a moltissime lotte politiche e specialmente al risanamento politico della città contro la invadenza dei gruppi parassitari che comandavano e dettavano legge», così Emilio Grandinetti parla del bagaglio di esperienze e di sentimenti che si portava dall’Italia e che lo spingevano a trovare una sua via alla vita americana. Ancora a New York, tentò la costituzione di un circolo educativo, collaborò con alcuni giornali in lingua italiana (il Bollettino della Sera, Il progresso Italo Americano). Sebbene in questo lavoro avesse già in qualche modo indirizzato la sua azione a scopi sociali, come l’istituzione di una scuola per artisti italiani, fu comunque deluso dall’aver visto da vicino «il falso patriottismo dei nostri esponenti che attraverso il più esoso sfruttamento si erano arricchiti a danno dei nostri emigrati che ignari della lingua e dei costumi, erano facile preda

Copertina di "Onta del passato", dramma in un atto di Emilio Grandinetti

Copertina di "Onta del passato", dramma in un atto di Emilio Grandinetti, 1910 circa

A un certo punto matura la decisione di trasferirsi a Chicago, dove pensa di trovare posto nella Western Electric come disegnatore meccanico. Nel frattempo però la fabbrica aveva trasferito il settore in Giappone e così, dal punto di vista del lavoro, non se ne fece niente. Nel racconto che Emilio Grandinetti fa su questo periodo non cita mai le vicende familiari che nel frattempo accadevano. Perciò non dice che sulla decisione di andare a Chicago per trovare un posto più regolare e proficuo di quello del giornalismo aveva influito l’arrivo della sua fidanzata con cui doveva realizzare il progetto di vita. Ma noi lo sappiamo per certo se non altro dal fatto che il 22 settembre 1908 a Chicago, da Elvira Forte, nacque Antonio Grandinetti, il primogenito cui Emilio volle dare il nome di suo padre.

Lista passeggeri con Giuseppe ed Elvira Forte

Lista passeggeri con Giuseppe ed Elvira Forte

La Chicago in cui si trovò Emilio Grandinetti era un ambiente duro e ostile nei confronti degli italiani, ma comunque la città offrì a Emilio Grandinetti l’opportunità che cercava. Era una città industriale in cui i diritti dei lavoratori erano calpestati da una classe padronale avida di profitti e che a causa della grande disponibilità di manodopera a buon mercato, non prestava alcuna attenzione alle richieste di miglioramenti di condizioni di vita e di salario degli operai.

Era questo il terreno che Emilio Grandinetti trovò più congeniale alla sua missione politica che ormai si era dato. Sfumato il lavoro presso la Western Electric, Emilio Grandinetti dovette cercare un altro lavoro. Aveva conosciuto Giuseppe Bertelli, uno dei leader riconosciuti del movimento socialista nella città di Chicago dove pubblicava il giornale La Parola dei Socialisti e insieme a lui si avvicinò alle attività del movimento sindacale dei lavoratori dell’industria dell’abbigliamento. Nel 1910 Emilio Grandinetti e Giuseppe Bertelli organizzarono uno sciopero dei lavoratori aderenti al sindacato U.G.W. (United Garment Workers) durante il quale Grandinetti si mise in evidenza con le sue grandi capacità di oratore e organizzatore. Fu pubblicato il «Bollettino dello sciopero dei sarti» in cui nel secondo numero del 15 novembre 1910 l’intera prima pagina è occupata da un proclama scritto e firmato da Emilio Grandinetti dal titolo «La lotta». Il tono è acceso, da consumato oratore, e le parole pesanti come macigni:

La lotta continua senza scoraggiamenti e senza tentennamenti. Una stessa idea, una stessa speranza anima tutti. I pusillanimi, quelli cui nessuno ideale ha mai pulsato o rischiarato la mente e il cuore vorrebbero cedere: ma contro questi miserabili , quantità infinitamente trascurabile, stanno di fronte a visiera alzata , coscienti, i ribelli a qualunque codardo tentativo di tradimento

Le parole sono dirette tanto ai lavoratori in lotta che se la devono vedere con la mancanza di salario quanto ai crumiri cui i padroni vorrebbero assegnare il lavoro. I lavoratori però mantennero la posizione, incoraggiati e sostenuti da attivisti dello stampo di Emilio Grandinetti, oratori capaci di trascinare perché il loro parlare, come si può vedere dalle poche frasi che ho riportato, hanno la forza della sincerità e dell’entusiasmo di chi crede davvero in quello che dice. E questo primo sciopero dei sarti del 1910 fu un successo, sia per il numero di adesioni, sia per la solidarietà che tutti mostrarono verso gli scioperanti con aiuti di ogni genere. Fu così riscattata la cattiva reputazione che i lavoratori italiani avevano nel panorama sindacale americano: «mentre gli scioperanti dimostrano di essere forti e tenaci nella lotta, la roccia dei manifatturieri va sgretolandosi: fino a oggi son 124 ditte che han firmato i contratti col Presidente dell’organizzazione, son 15 mila operai che son tornati al lavoro. E la capitolazione continua.»
Dopo questo sciopero niente sarà più come prima. Dallo stesso sindacato U. G. W. prenderà origine nel 1914 la nuova organizzazione Amalgamated Clothing Worker of America, conosciuta come ACWA, di cui Grandinetti sarà uno dei principali leader per decenni.

«Bollettino dello sciopero dei sarti», n. 2, 1910

«Bollettino dello sciopero dei sarti», n. 2, 1910

 

Un articolo di Emilio Grandinetti, aprile 1916

Un articolo di Emilio Grandinetti, aprile 1916

Intanto la vita familiare di Emilio Grandinetti segna la nascita degli altri figli: Maria, Mario, Angelo, Attilio e Richard. La sua residenza fissa è a Chicago ove la moglie lavora come commessa in un negozio d’abbigliamento, almeno per determinati periodi. Ma l’attività sindacale porterà Emilio Grandinetti in moltissime città americane, per organizzare nuove sezioni sindacali o per sostenere battaglie.

Articolo sciopero cincinnati

E le battaglie non erano fatte solo si astensione dal lavoro o di carte bollate, bensì di lotta vera, per strada, a combattere contro il freddo e la polizia violenta asservita ai padroni.
In un articolo del 1957 dal titolo «Fifty years of activity» pubblicato ne «La Parola del Popolo» Emilio Grandinetti ricorda quei tempi difficili:

Quando noi pensiamo al progresso che abbiamo costruito, non dobbiamo dimenticare il sangue che abbiamo versato, le prigioni che abbiamo riempito, e ancora più importante, non dobbiamo dimenticare i nostri compagni che sono caduti sulle strade. Entro la nostra piccola cerchia, anche noi possiamo elencare i nostri morti, i nostri feriti, e le innumerevoli ingiustizie subite. Chicago ha i suoi martiri: Charles Lazinsksas, Frank Nagreskis e Samuel Kapper. I primi due furono le vittime durante lo sciopero generale del 1910, mentre l’ultimo cadde nel 1915. Chi può contare i nostri compagni imprigionati? Io ho ancora davanti a me, nitida come fosse di ieri, l’immagine di un poliziotto a cavallo che irrompe sui marciapiedi calpestando pacifici lavoratori il cui unico crimine era quello di provare a proteggere il proprio lavoro nelle fabbriche. Nelle fabbriche, dove avevano conosciuto solo sudore maltrattamenti. Furono arrestati come criminali comuni ammassati a centinaia in fetide celle dove furono tenuti in isolamento per giorni. La polizia di Chicago non fu l’unica a praticare queste violenze e abusi sui nostri compagni. Era anche un privilegio dei difensori della legge di St. Louis. Ricordo molto bene i mostri della polizia di St. Louis. In tutti i miei anni di organizzatore, non ricordo niente di più violento e inumano del trattamento su un operaio come quello praticato dai gendarmi di St. Louis durante uno degli scioperi più sanguinosi della città. I loro abusi sui lavoratori scioperanti erano uno spettacolo così rivoltante che anche uno dei quotidiani di St. Luois denunciò il comportamento della polizia. Le sue proteste furono vane. I mostri continuavano ogni giorno ad arrestare gli scioperanti e a tenerli nelle stazioni di polizia per tutto il giorno per evitare i picchetti davanti alle fabbriche. Chi scrive [cioè Emilio Grandinetti] ricorda il giorno in cui insieme ad altri due attivisti, L. Olivier e J. Blumber, furono arrestati davanti al loro albergo e tenuti in prigione tutta la notte a disposizione del capitano della polizia che voleva sottoporli a interrogatorio. Alle sette del mattino furono rilasciati perché il capitano era ancora troppo occupato per interrogarli.

In Italia avanzava il movimento fascista, giungendo infine alla conquista del potere. La polizia politica iniziò presto a interessarsi delle organizzazioni socialiste che agivano all’estero. Quel che interessava erano le influenze che avrebbero potuto avere in Italia e il sostegno che potevano dare agli oppositori interni, e anche la campagna di controinformazione internazionale.
La sistematica osservazione degli oppositori politici era iniziata nel 1894 con la creazione di un ufficio incaricato di strutturare un archivio in cui far convergere tutti i dati. Successivamente l’ufficio fu potenziato e ampliato, fino al 1925, anno in cui il regime fascista gli diede la denominazione di Casellario politico centrale. Fino al 1945 si giunse alla costituzione di oltre 150000 fascicoli personali con biografia, fotografia, dati somatici, rapporti e informative, insomma tutto ciò che riguardava la persona. Per ogni fascicolo c’è la scheda principale con l’attribuzione di un numero, di una classificazione politica e in cui venivano segnati in ordine cronologico gli estremi della documentazione acquisita al fascicolo.

Il numero progressivo attribuito a Emilio Grandinetti è il 122299. La “qualifica” (così viene indicata) è quella di “Socialista”, “Estero. America Nord”, mentre i dati anagrafici tentennano sul cognome della madre indicata come “Pascucci” sebbene in presenza di una annotazione a matita “o Pascuzzi?”. La scheda, la cui compilazione inizia nel 1935, svela tutta l’incapacità del sistema repressivo di comprendere quel che succedeva. Come interpretare in altro modo la parola “sarto” che viene scritta nella casella relativa alla professione o mestiere di Emilio Grandinetti? E poi c’è lo spazio riservato alla fotografia, vuoto. Vuoto perché nessuno riuscì a procurarsi una sua fotografia, nonostante fosse un personaggio pubblico.

La formazione del fascicolo su Emilio Grandinetti inizia con una comunicazione del consolato italiano di Cleveland (Ohio) il quale, come tutti gli altri organi dello stato italiano sparsi per il mondo, erano stati incaricati di vigilare sugli ambienti dei connazionali espatriati per attingere notizie sugli oppositori al regime presenti nelle rispettive città e sulle attività svolte. Scrive il console Montecchi:

 Il locale “Cleveland News” del 19 c. m. riportava da Cincinnati la seguente notizia dell’Associated Press:

“Emilio Grandinetti, che fu segretario del P.S.E. quando il partito era diretto da Mussolini, ha dichiarato oggi che gli italo-americani sono contrari all’occupazione dell’Etiopia”.

Ho interpellato in merito la R. Agenzia Consolare in Cincinnati la quale mi ha riferito quanto segue:

“Il Grandinetti è un organizzatore operaio dell’Amalgamated Clothing Workers, una specie di unione indipendente per i sarti, la cui sede è a New York, e viene di tanto in tanto a Cincinnati per organizzare i sarti delle fabbriche di abiti da uomo, ed indurli ad entrare nell’unione.

La sua abituale residenza è però Oak Park, Ill., un sobborgo che fa parte della città di Chicago, dove risiede permanentemente la sua famiglia, e dove so che, per la sua attiva propaganda antifascista, è molto ben conosciuto al Consolato Generale.

Egli è un uomo sulla cinquantina. Si dice oriundo di Catanzaro, e si millanta di aver conosciuto personalmente ed intimamente S.E. il Capo del Governo, quando ambedue militavano nelle file del partito socialista. Non mi consta che abbia alcun titolo professionale di studio, ma ha il dono della parola facile da tribuno di piazza, e secondo la mia impressione, la sua cultura è molto limitata.

Le dichiarazioni riportate nell’allegato ritaglio del The Cleveland News del 119 settembre, furono pronunciate davanti ad un gruppo di circa una quarantina di connazionali i quali si erano radunati negli uffici dell’Amalgamated per discutere questioni di lavoro, e non si trattava affatto di una conferenza preannunciata.

Mi consta infatti che la totalità dei connazionali che per ragioni di lavoro dovettero intervenire a questa riunione protestò energicamente, e non pochi furono gli insulti all’indirizzo dell’oratore. Alcuni lasciarono il locale in segno di protesta, altri imposero al Grandinetti di tacere.

Sono stato informato che presentemente si trova a St. Louis, Lo, e mi è stato impossibile di darLe con precisione le sue complete generalità, tanto più che egli è ben poco conosciuto in questa città, dove capita solo di quando in quando.

Però, come già Le ho accennato, essendo ben conosciuto negli ambienti antifascisti di Chicago, dove risiede da molti anni, io credo che esatte informazioni sui suoi precedenti politici e morali, nonché le sue complete generalità, si potranno facilmente ottenere dal Consolato Generale Italiano in detta Città.”

La macchina si è ormai messa in moto, rivelando anche le modalità di acquisizione di informazioni. La consultazione degli organi di stampa, sia quelli di informazione generale, sia quella politica, per esempio mediante l’annotazione dei nomi e della località di chi inviava contributi in danaro, costituiva il mezzo più facile. Sulla lettera da Cleveland furono apposti tre timbri: il primo col testo «Intestare fascicolo previe verifiche archivio materia»; il secondo, conseguenza logica del primo: «Nessun precedente nel Casellario Politico Centrale. 8 ottobre 1935»; il terzo «Divisione Affari generali riservati. 9 ottobre 1935. Archivio».

Gli organizzatori della campagna del 1919 dell'ACWA. In prima fila, il terzo da sinistra, Emilio Grandinetti

Gli organizzatori della campagna del 1919 dell'ACWA. In prima fila, il terzo da sinistra, Emilio Grandinetti

 

La stessa foto in un articolo su un giornale del 1919

Un articolo su un giornale del 1919

Il 27 settembre 1935 scrive il console a Saint Louis, Renato Citarelli:

Mi onoro rapportare che da immediate informazioni assunte non risulta che il nominato in oggettosia particolarmente conosciuto negli ambienti d’affinità in Saint Louis. La locale sezione dell’Amalgamented Clothing Workers, sovversiva ed antifascista, è frequentata da varie diecine d’italiani la cui gran parte in essa vede più una lega di mestiere che un’associazione politica. Infatti, come a suo tempo ebbi l’onore di rapportare, il fuoruscito Modiglianiquando nella scorsa primavera intraprese il noto funereo giro oratorio nelle principali città degli Stati Uniti, fu ospitato dall’Amalgamated Clothing Workers; ma non ebbe la sospirata fortuna, ché il ristrettissimo numero d’italiani intervenuti largamente coprì con beffe qualche sporadico applauso. Non credo pertanto – particolarmente oggi – che saint Louis sia il più favorevole ambiente perl nominato in oggetto. Questo R. Ufficio avrà però cura di controllare e rapportare le eventuali comparse ed attività del Grandinetti.

Dal ministero dell’interno, il 17 ottobre, partono lettere per il consolato di Chicago e la prefettura di Catanzaro affinché forniscano le informazioni rispettivamente in possesso su Emilio Grandinetti. Al prefetto di Catanzaro si chiede «previa identificazione, di fornire sul conto del predetto Grandinetti dettagliate informazioni, specie sull’indole politica, nonché tutti i dati anagrafici e segnaletici non esclusi quelli relativi al mestiere e domicilio, e trasmettere due copie della fotografia del medesimo, precisando il colore politico, giusta quanto venne prescritto con la circolare N° 33595 del 28 Giugno 1930. Tornerà gradito conoscere pure se sia espatriato con regolare passaporto, l’epoca dell’espatrio ed il motivo di esso.»

Nel frattempo giunge l’informativa da parte del consolato di Chicago, datata 25 settembre, in evasione all’originario rapporto redatto a Cleveland che gli era stato inviato per conoscenza:

 Signor Ministro,

Con richiamo al telespresso del R. Consolato d’Italia in Cleveland – Ohio – in data 23 corr. Onoromi informare V.E. che il nominativo emarginato è nativo di Casenove, frazione del comune di Decollatura (Catanzaro). Egli è cittadino americano ed è emigrato in America nel 1909 o 1910. Risiede in Oak Park Ill. al No. 1105 Scoville Avenue. È sempre stato un socialista propagandista e antifascista. È un organizzatore degli italiani lavoranti nelle sartorie. Ha pochissima cultura ma ha la parola molto facile. È sposato con figli, la maggior parte del tempo lo passa fuori di Chicago, passando da una città all’altra per indurre gli operai sarti specialmente italiani, a far parte dell’Amalgamated Clothing Workers che è un’unione indipendente la cui sede principale è a New York. I suoi connotati sono:

Occhi grandi castano scuri – Capelli neri – Colorito bruno – Baffi neri – Statura metri 1.65 circa – Corporatura regolare.

Con profondo ossequio, il reggente A. Fermo

 

L’11 dicembre 1935 arriva al ministero dell’interno la lettera della prefettura di Catanzaro con le notizie richieste:

 Con riferimento alla Ministeriale indicata in oggetto informo che Grandinetti Emilio fu Antonio e di Pascuzzi Filomena, nato a Decollatura il 29 ottobre 1882, emigrò per gli Stati Uniti d’America circa 25 anni or sono, senza fare più ritorno in patria. Ha colà contratto matrimonio con Forte Elvira fu Luigi da Catania.

Il Grandinetti espatriò con regolare passaporto ed a scopo di lavoro, però non è stato possibile fare rilevare la data precisa di espatrio perché non esistono più i relativi registri.

Egli, a suo tempo, studiò agrimensura a Messina. Ritornato in Decollatura manifestò idee socialiste, sentimenti questi che cercò diffondere a mezzo di articoli sui giornali, ma non ha avuto alcun seguito. Per il tempo che dimorò in Patria conservò buona condotta morale e non riportò precedenti penali.

Non è stato possibile ottenere la di lui fotografia, poiché i congiunti ne sono sprovvisti.

Connotati approssimativi ricavati in seguito alle indagini esperite: statura alta, corporatura esile, capelli castani, fronte spaziosa, occhi castani, naso greco, viso quadro, bocca regolare, mento rientrante, mani accurate, piedi regolari.

 

Ricevuta questa prima informativa dal territorio di origine di Grandinetti, al ministero hanno la conferma dei sospetti per la prima volta messi in evidenza dal consolato di Cleveland. Come provvedimento concreto si ordina di iscrivere «nella rubrica di frontiera il nominato Grandinetti Emilio col provvedimento di perquisire sotto aspetto doganale e segnalare per vigilanza.»  La rubrica di frontiera è un registro che contiene i nomi delle persone destinatarie di particolari provvedimenti di polizia. Accanto al nome è indicato il particolare provvedimento di cui l’interessato è destinatario: arresto immediato, perquisizione, respingimento, ecc. Poiché Emilio Grandinetti non aveva alcun tipo di condanna e nemmeno di indagine in corso, poteva solo essere perquisito alla ricerca di materiale  pericoloso e poi si doveva segnalare il suo ingresso in Italia per essere sorvegliato.

La fotografia di Grandinetti nessuno riesce a procurarla. Scrive il consolato di Cincinnati a quello di Cleveland: «Mi rincresce riportare alla S.V. che trovo molto difficile il poter ottenere una fotografia del sovversivo indicato in oggetto, per la ragione che, come già ho avuto occasione di accennare in passato, egli mantiene la sua abituale residenza a Oak Park, Illinois, sobborgo di Chicago, ove risiede la sua famiglia e dove è ben conosciuto. Qui vive una vita molto appartata dall’elemento italiano, e la piccola cerchia dei suoi amici intimi, sono presso a poco individui dello stesso stampo, che non è possibile avvicinare senza far nascere dei sospetti. Ad ogni modo continuerò ad interessarmene e se in qualche modo mi sarà possibile ottenere una sua fotografia, non mancherò di fargliela avere. Nel frattempo io credo che sarebbe forse più facile trovarla a Chicago presso qualche giornale italiano o nell’ambiente in cui vive la sua famiglia.»

Sembra che si possa leggere tra le righe di quanto scrive il console di Cincinnati che ci si dovrebbe aspettare un po’ più di collaborazione da parte del consolato generale di Chicago che ha più mezzi ed è quello più prossimo alla residenza di Grandinetti.

Le osservazioni dell’agente consolare di Cincinnati continuano anche negli anni successivi. Questo è il testo di un rapporto del 1937:

 Il noto sovversivo Grandinetti Emilio risiede sempre parzialmente qui e in Oak Park, sobborgo di Chicago, Ill.; come già altra volta riferito egli è un organizzatore operaio per la “Amalgamated Clothing Workers of America” ben nota per la sua attività antifascista.

Il Grandinetti è ben conosciuto per le sue idee sovversive che esprime ovunque, ad alta voce e con parola facile; dimostra discreta intelligenza ma non ha molta coltura e non potendo parlare bene in inglese deve svolgere la sua attività soltanto fra coloro che intendono l’italiano. Egli non gode molte simpatie e non ha seguito né influenza.

Alla unione operaia di cui sopra appartengono per necessità la quasi totalità dei sarti di questa città, che tuttavia spesso hanno detto al Grandinetti che i suoi discorsi nelle riunioni mensili debbono mantenersi strettamente nel campo economico.

Nulla a carico della moralità, in quanto è noto, ma soltanto attività antifascista, che si è manifestata anche con contributi finanziari ai centri di New York. Con tutto ciò non lo considero capace di atti di violenza e terrorismo.

 

Ci sarebbe qui da discutere su ciò che spingeva gli agenti diplomatici italiani a minimizzare la portata delle potenzialità di Emilio Grandinetti, mediante la sottolineatura della “poca cultura” o del non avere seguito, oltre che dall’enfatizzare le contestazioni che gli venivano occasionalmente rivolte dagli stessi iscritti al sindacato, tra i quali certamente non mancavano i sostenitori del regime fascista. Di tutto avrebbero potuto tacciare Grandinetti, ma non di avere “poca cultura”. Gli studi seguiti, la qualità delle sue analisi storico-politiche, tutti gli articoli che aveva scritto, le capacità organizzative, che cos’erano se non la materializzazione della vera cultura? O forse i diplomatici cercavano di nascondere in qualche modo il valore dell’”altra metà” degli italiani, quelli non allineati al regime, quasi per nascondere la loro inefficienza nel controllo dei connazionali, cosa per cui, in fondo, erano pagati?

Uno degli ultimi rapporti presenti nel fascicolo Grandinetti è quello dell’ambasciatore italiano a Washington del 26 marzo 1941, in cui si informa il ministero degli affari esteri che è stato costituito l’Italian Emergency Rescue Committee con lo scopo di aiutare gli antifascisti italiani che avevano trovato rifugio in Francia e che con l’occupazione anche di questa da parte dei nazisti si trovavano in pericolo di vita. Il comitato, informa l’ambasciatore, ha come obiettivo di raccogliere quindicimila dollari necessari per portare in salvo una settantina di persone, e poi allega l’organigramma completo del comitato. Il presidente è Lionello Venturi, seguono poi il comitato esecutivo e i “corrispondenti” fra i quali, per la città di Cincinnati, c’è Emilio Grandinetti. Questo è l’ultimo documento incluso nel fascicolo intestato a Emilio Grandinetti che rimase formalmente aperto non essendo mai intervenuto alcun provvedimento di radiazione.

Certificato di naturalizzazione americana di Emilio Grandinetti

Certificato di naturalizzazione americana di Emilio Grandinetti

Nella sua vita privata Emilio Grandinetti intratteneva rapporti fraterni con i connazionali. Ne abbiamo prova dalla corrispondenza di Michele Pane che per una serie di circostanze si era anche lui trasferito a Chicago. Per esempio, in una lettera del 23 giugno 1941 alla figlia Libertà che viveva a Roma, Michele Pane scrive: «La bambina di Bill, il bimbo di Jolanda, quello di Luigi Grandinetti, di Jannie crescono bene e attendono il vostro Dario. Mario Grandinetti è soldato nel West Virginia, Angelo e Attilio sono a Buffalo, N.Y. e lavorano in qualità di meccanici per il governo; Maria Lavora a Chicago. Richard va a scuola; il padre e la madre son venuti a visitare spesso a tua madre, o Liby, e vi salutano.» E poi in altra lettera: «Le persone che io ho occasione di vedere anche raramente sono ben poche: i Paternostro, il dr. Emanuele, Emilio Grandinetti, l’avv. Scafa, i Minerva, la signora Torre, i Rossetti, la signora Bica, Pietro Manfredi, il quale ogni tanto viene a visitarmi – and That-is-all. Non altro.»

Lettera di Michele Pane

Lettera di Michele Pane

Negli anni Quaranta le famiglie Pane e Grandinetti furono protagoniste di un episodio che ebbe eco anche sulla stampa di Chicago. Siamo nel 1943 e Michele Pane non riesce ad avere notizie della figlia Libertà da due anni a causa dell’interruzione delle comunicazioni causate dalla guerra. Con gli Alleati parte da Chicago Attilio Grandinetti, figlio di Emilio, al quale Michele Pane dà l’indirizzo della figlia incaricandolo di fare il possibile per rintracciarla. Attilio e Libertà si conoscevano dai tempi della scuola superiore e non si vedevano da qualche anno, ma quando lui bussò alla sua porta si riconobbero immediatamente. Il «Chicago Daily News» pubblicò la notizia riferendo un brano di una lettera di Attilio al padre: «”Una ragazza americana con cui parlare e un piatto di spaghetti proprio come li faceva mamma mi facevano sentire come fossi tornato a Chicago,” conclude la sua lettera al padre, che è il responsabile generale dellʼAmalgamated Clothing Workers of America», articolo ripreso poi dalla stampa in lingua italiana: «I personaggi del dramma ci sono noti: il soldato Attilio Grandinetti — figlio di Emilio Grandinetti, leader dellʼAmalgamated Clothing Workers in Chicago, antifascista e necessariamente nostro amico — è arrivato a Roma con i primi reparti americani. Nel taccuino dʼindirizzi italiani aveva quello della signora Penelope De Pascalis. Ma Penelope non era “romana de Roma”; era “Penny” come la chiamavano vezzeggiando i compagni di scuola in Chicago. Era la figlia del poeta Michele Pane. Nel 1938 aveva sposato il giudice De Pascalis della Corte di Cassazione di Roma ed era andata a stabilirsi in Italia.»

Attilio Grandinetti, Libertà Pane col marito Oronzo De Pascalis

Attilio Grandinetti insieme a Libertà Pane col marito Oronzo De Pascalis

Conclusa la militanza attiva come organizzatore sindacale, Emilio Grandinetti continuò il suo impegno come giornalista ne «La Parola del Popolo» che nel 1947 fece di nuovo pubblicare dopo un lungo periodo di inattività. Nel giornale, di cui aveva assunto la presidenza, tenne una rubrica dal titolo Annotando e Commentando in cui commentava notizie, recensiva libri, rispondeva ai lettori e spesso raccontava anche esperienze di vita.

Il pranzo ufficiale di ringraziamento in occasione del ritiro dal lavoro attivo nel sindacato di Emilio Grandinetti si svolse il 10 gennaio 1948 presso l’hotel Sinton di Cincinnati (Ohio). Come si vede dalla foto, la manifestazione fu grandiosa.

Pranzo ufficiale in onore di Grandinetti 1948

Pranzo ufficiale in onore di Grandinetti 1948 . Cincinnati (Ohio)

Emilio aveva preparato un discorso di cui miracolosamente si è rintracciata la minuta di cui pubblico la prima pagina e la traduzione in italiano dell’intero testo:

discorso 1948

Nel 1957, in occasione dei cinquanta anni di residenza di Emilio Grandinetti negli Usa, tutti gli amici ed estimatori vollero organizzare una grande festa in suo onore che si svolse il 5 maggio in un grande locale di Chicago. Per l’occasione uscì anche un supplemento a La Parola del Popolo con decine di articoli di congratulazioni e ricordi dei vecchi militanti socialisti e sindacali che avevano trascorso decenni di lotte con il festeggiato. Emilio Grandinetti viene celebrato come un pioniere il cui lavoro è stato essenziale per il riscatto della classe operaia e in particolare di quella italiana. Fra i tanti articoli, cito quello del calabrese Pietro Greco:

 Nel vasto quadro del lavoro organizzato, specificamente in quello dei sarti da uomo, il nostro Emilio entrò pieno di fede, come l’Apostolo dell’ideale che, nei suoi sogni d’amore fraterno, vede lembi di paradiso, pronti ad accogliere la nuova umanità, se riuscisse a purificarsi, ed emergere vittoriosa dagli errori del passato e del presente. Lavorò assiduamente pel miglioramento della classe lavoratrice, senza transigere o venire a patti disonesti col rivale. In questa opera d’amore fu sorretto dalla rettitudine del carattere inamovibile e forte, perché nelle sue vene circola il sangue dei suoi antenati, che lottarono coraggiosamente contro gli abusi dei tempi, per vendicare l’onore delle loro donne e la Libertà. Mi riferisco a quei forti calabresi che vissero al tempo delle dominazioni straniere e che, ingiustamente, furono chiamati Briganti!

Greco accosta le lotte contro le angherie dei padroni sulla classe lavoratrice a quelle dei calabresi che si opposero fieramente alle truppe francesi durante l’occupazione militare del 1806-1815.

La famiglia di Emilio Grandinetti

In piedi, da sinistra: Angelo e Mary (genitori di Richard in Italia), Richard (figlio di Emilio), Maria (figlia), Charlotte (moglie di Mario); seduti, da sinistra: Louise (moglie di Luigi), Elvira Forte, Emilio Grandinetti, Mario (figlio) con la figlia Charlene

 

Emilio Grandinetti

Emilio Grandinetti

L’impegno di Emilio Grandinetti negli ultimi anni si limitò alla tenuta della rubrica su La Parola del Popolo e alla partecipazione agli eventi più rilevanti del sindacato. Ma lentamente la sua salute andava peggiorando. L’ultima apparizione pubblica fu nel mese di ottobre 1963 ma fino all’ultimo lavorava ancora a un resoconto del congresso dell’ACWA. Infine, per un improvviso peggioramento, fu ricoverato presso l’ospedale Madre Cabrini di Chicago dove si spense il 22 giugno 1964 dopo due giorni di degenza.

 

La sepoltura di Elvira ed Emilio Grandinetti al cimitero Mount Carmel, Chicago

La sepoltura di Elvira ed Emilio Grandinetti al cimitero Mount Carmel, Chicago (graves 3 & 4 Lot 10 Block 19 Section 23)

Copyright © 2014 Giuseppe Musolino

3 commenti

  1. Thank you very much for this story I am Olga Grandinetti’s son and Angelo Grandinetti’s grandson.
    I am very proud to see that and did not know about this amazing and nice story.
    Antonio Parisse

  2. Rosella Pingitore

    Thank you very much for this beatiful part of our history.

  3. Daniela Grandinetti

    Grazie per questo contributo dettagliato alla ricostruzione di memorie storiche, ben venga il recupero e la diffusione di una storia della Calabria che restituisca identità e consapevolezza positiva del nostro passato. Complimenti al suo lavoro e al suo impegno al quale – come calabrese – sento di dovere riconoscenza.
    Daniela Grandinetti

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