Emilio Grandinetti

Emilio Grandinetti: il sindacalista che fece tremare l’America

 

Emilio Grandinetti era nato il 29 ottobre 1882 a Decollatura da Antonio e Filomena Pascuzzi. Il padre Antonio gestiva un’osteria nei pressi della chiesa di Casenove, mentre la madre lavorava come filatrice. Era il primo di dieci figli: Rachela nata nel 1885, Maria Rosa nel 1888, Angelo Raffaele nel1890, Maria Carmela nel 1892, Raffaela nel 1894, Luigi Attilio nel1897, Adelina nel 1899, Ugo Riccardo nel 1902, Esterina nel 1904.

Casa natale di Emilio Grandinetti in Via V. Veneto, Decollatura CZ

Casa natale di Emilio Grandinetti in Via V. Veneto, Decollatura CZ

Persone con il cognome Grandinetti sono presenti a Decollatura dalla fine del Settecento, ad Adami e Casenove. Il ramo cui apparteneva Emilio è quello residente a Casenove e che ha come capostipite un certo Francesco di cui non si sa altro:

Albero genealogico dei Grandinetti

Albero genealogico dei Grandinetti

Frequentò la scuola elementare a Catanzaro e  in seguito fu mandato nell’Istituto Tecnico di Messina. Nella città dello stretto Emilio Grandinetti continuò gli studi all’università, nella facoltà di ingegneria.

Fu questo periodo trascorso all’università a influire profondamente e definitivamente sulle sue idee, sulla sua cultura e sulla sua sensibilità. Compagni di studi e di vita erano lo studente di ingegneria e futuro poeta Vittorio Butera, il cugino di questi Umberto Stranges, Peppino Petracca (“elegante suonatore di chitarra”), Gigi Sirianni (“grande matematico”).

In primo piano Emilio Grandinetti e Vittorio Butera; dietro Umberto Stranges e Gigi Sirianni

In primo piano Emilio Grandinetti e Vittorio Butera; dietro Umberto Stranges e Luigi Sirianni

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Vittorio Butera

Vittorio Butera è stato uno dei più  importanti poeti calabresi, contemporaneo e grande amico di Michele Pane. A lui spetta un posto di primissimo piano tra i personaggi che hanno avuto con quest’ultimo un rapporto continuo di stima e amicizia, testimoniato dagli incontri, dalla corrispondenza e dalle poesie che si sono vicendevolmente dedicate. L’apice è la mitica «’A staffetta» dedicata da Vittorio Butera a Libertà, figlia di Michele Pane.

Una biografia completa e organica sul poeta conflentese ancora non è stata pubblicata ma molti elementi sono reperibili su varie pubblicazioni come articoli di giornale e, più recentemente, nelle note biografiche che accompagnano le pubblicazioni su Vittorio Butera curate da Vittoria Butera per il Centro Studi Vittorio Butera di Conflenti.
Io mi avvarrò di tutte queste fonti e, in più, dei documenti che ho trovato nella ricerca riguardante la vita di Michele Pane.

Tommaso Butera, il padre di Vittorio

Tommaso Butera, il padre di Vittorio

Vittorio Butera nasce a Conflenti Inferiore il 23 dicembre 1877 da Tommaso e Maria Teresa Dei Carusi, cognome quest’ultimo che è una variante di Caruso ma che compare con questa grafia già per il padre Vincenzo.
I Butera sono proprietari di terreni che con il duro lavoro e l’impegno quotidiano possono fornire un reddito sufficiente a mantenere una famiglia in condizioni agiate. I conflentesi poi sono noti per la laboriosità e la capacità di sfruttare tutte le risorse che il territorio offre, anche quelle che sembrano apparentemente marginali.

Conflenti Superiore (in primo piano) e Inferiore

Conflenti Superiore (in primo piano) e Inferiore

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Felice Costanzo

Felice Costanzo

di Giuseppe Musolino

Felice Costanzo è uno dei nipoti di Michele Pane, figlio della sorella Nicolina (1853-1896).  Lo includo in questa sezione, quella destinata agli “Amici” del poeta, poiché il suo rapporto col celebre zio non è solo di carattere familiare ma, ad un certo punto della vita di Felice, si trasforma in un rapporto amicale e quasi tra “colleghi” per l’interesse che il giovane manifesta per la scrittura e la poesia, insomma per quello che era il mestiere dello zio. Tra loro quindi nasce una corrispondenza che unisce temi di argomento personale e familiare a temi culturali. Ma cominciamo dall’inizio.

Felice Costanzo

Felice Costanzo (1894-1986)

La maggior parte delle notizie familiari di Felice Costanzo le possiamo trarre dal suo volume Dalle origini… (ricordi di famiglia) pubblicato da Rubbettino nel 1983, nel quale egli raccoglie dati, informazioni e aneddoti sulla vita dei suoi antenati e sulla sua personale.
Il volumetto inizia con le più antiche notizie relative ai suoi  avi secondo cui i Costanzo della provincia di Catanzaro – in particolare di Nicastro – sarebbero stati originari di Pedivigliano e prima ancora di Cosenza, dove erano giunti provenendo da Napoli. Il più antico personaggio della famiglia che Felice riesce a ricordare è il prozio Don Pasquale Costanzo, fratello del nonno Felice, che era stato per anni parroco a Bella (frazione di Nicastro, ora Lamezia Terme) e solo intorno ai 60 anni d’età giunse ad avere assegnata la parrocchia del suo paese di Adami.
Il nonno Felice, di cui il Nostro era orgoglioso di portare lo stesso nome, morì quando il nipotino aveva solo un anno. Ma nel paese poté ascoltare per molto tempo le lodi per quell’uomo laborioso che dedicava tutte le sue energie alle attività connesse con la gestione dei molti terreni che aveva acquistato con le sue risorse e con l’aiuto del fratello parroco.

Veduta di Censo - Maggio 2012

Veduta di Censo - Maggio 2012

In casa con il nonno Felice viveva una sorella, Grazia, che non avendo sposato era rimasta in casa a coadiuvare la famiglia. In questo periodo la famiglia Costanzo ebbe la sua massima ascesa economica che porterà le generazioni successive a potersi permettere uno dei lussi più rari per l’epoca, e cioè l’accesso all’istruzione.
Dal nonno Felice e dalla moglie Rachele Grandinetti nacquero Rosario (morto giovane), Giovanni e Gabriele. Gli ultimi due furono mandati a Nicastro per frequentare le prime tre classi del Ginnasio.
Assolto il servizio militare, Giovanni aiuta la famiglia nella gestione dell’azienda familiare che, come detto, aveva bisogno di una buona organizzazione date le dimensioni che aveva raggiunto.
Arriva poco dopo il momento di prendere moglie e la scelta cade su una giovane appartenente a una famiglia di buone condizioni economiche: Nicolina Pane, la sorella maggiore di Michele Pane.
Da Giovanni e Nicolina nacquero numerosi figli di cui sopravvissero solo cinque. L’ultimo nato fu Felice Costanzo che vide la luce il 6 aprile 1894. Il destino però lo privò presto della madre che, a poco più di quarant’anni d’età, morì quando il bambino aveva solo un anno e mezzo. Per il piccolo Felice si rese necessario ricorrere a una balia che fu trovata nel suo stesso paese e poi a un’altra originaria di Motta S. Lucia che si trasferì nella casa del bambino. Qui, dopo la morte della madre, si era venuta a creare una grande famiglia di cui facevano parte i cinque figli, il padre Giovanni, il prozio parroco Don Pasquale, la prozia Grazia (“monaca di casa”), la nonna Rachele e un’altra prozia, Innocenza. Felice Costanzo fu tenuto a battesimo dallo zio Michele Pane nel mese di aprile 1894, poco prima della sua partenza per l’America. Di questo legame lo zio avrà sempre memoria in lettere e poesie.

Casa natale di Felice Costanzo in località Censo, ora di altri proprietari.

Casa natale di Felice Costanzo in località Censo, ora di altri proprietari.

Poco distante dalla casa paterna di Felice, viveva la nonna materna Serafina Fiorentino. Dalla nonna Serafina andava più raramente, anche perché le distanze che oggi appaiono irrilevanti un tempo erano percepite come maggiori, soprattutto per le cattive condizioni delle strade. I Costanzo vivevano nella borgata chiamata Censo mentre i Pane avevano la casa nel centro di Adami, vicino la chiesa: la distanza era di circa 500 metri.
Quando i nipoti Costanzo andavano dalla nonna Serafina, lei li accoglieva con amore e dolcezza, di solito nella grande cucina, quella in cui c’era il focolare e “ ‘u cippariellu” in cui da bambino si sedeva il figlio Michele, figlio di cui lei parlava in continuazione insieme agli altri personaggi della sua famiglia, primo fra tutti il fratello filosofo Francesco che ogni tanto si recava in Adami a farle visita e a giocare a “tressette” nella cantina che i Pane gestivano.
La sorella maggiore Grazia fu per il piccolo Felice come una seconda madre. Si prese cura amorevolmente dei fratelli e degli altri familiari che vivevano nella stessa casa. Ma anche per lei era in agguato un triste destino poiché prematuramente morì in seguito alle complicanze del morbillo.
Ad occuparsi dei fratelli più piccoli toccò allora all’altra sorella Innocenza che doveva anche provvedere (insieme ad altre parenti o a persone di servizio) alle altre esigenze della famiglia come quella di preparare da mangiare per i molti lavoranti necessari per la gestione delle proprietà di famiglia e ai quali si dovevano somministrare – secondo la consuetudine – più pasti al giorno (la mattina presto, a metà mattinata, a pranzo, e qualche volta anche la sera).
Nel frattempo Felice e Pasquale completarono gli studi a Nicastro (1911) e Innocenza poté distaccarsi dalla famiglia e sposare Ernesto Paola di Conflenti dove si trasferì. Ma la povera Innocenza non ebbe fortuna perché morì poco dopo, all’età di 31 anni, per le conseguenze di uno sfortunato parto.

Intanto Felice Costanzo aveva continuato gli studi a Nicastro e, successivamente, presso il convitto di Scigliano, in provincia di Cosenza. Il percorso da Adami a Scigliano, ricorda Felice nel citato libro di memorie, era disagevole perché in mancanza di treno — che verrà molti anni dopo — doveva essere fatto sul dorso di asino o addirittura a piedi. Da Scigliano passò a Catanzaro al Liceo-Ginnasio Galluppi e dopo ancora alla Scuola Normale di Lacedonia. Qui nel 1911 conseguì il diploma e l’abilitazione Magistrale dopo tre anni di permanenza nel centro avellinese.
Tornato nel suo paese natale, festeggiato da parenti e amici per il prestigioso risultato conseguito, si diede subito da fare per ottenere un incarico di insegnamento. E questo arrivò presto, il primo di ottobre di quello stesso 1911, presso la scuola elementare di Curinga. Accompagnato dal padre Giovanni e dallo zio farmacista Luigi Pane, Felice raggiunse la sede assegnatagli, ma poco dopo dovette lasciarla perché un altro aspirante aveva promosso un ricorso — fondato —  in quanto egli non aveva ancora compiuto la maggiore età e quindi non poteva essere assunto.

Il primo vero anno di servizio inizierà nel dicembre del 1912 nel comune di Gizzeria dove Felice prenderà casa e abiterà per qualche anno.
Arrivò presto la mobilitazione per la guerra e Felice Costanzo dovette forzatamente vestire la divisa e partire per il fronte. La sua zona di destinazione era sul Lago di Garda e poi nella zona delle operazioni dove prestò servizio nel lavoro d’ufficio negli ospedali militari. Dopo la disfatta di Caporetto vagò per qualche giorno e poi fu destinato ad insegnare nelle zone di guerra.

Felice Costanzo  (con il segno) militare nella I^ Guerra Mondiale

Felice Costanzo (con il segno) militare nella I^ Guerra Mondiale

Felice Costanzo in divisa

Felice Costanzo soldato

Ammalatosi di “spagnola” fu ricoverato nell’ospedale di Udine e successivamente destinato all’ospedale militare di Catanzaro per la convalescenza. Da qui fu destinato a Palermo finché nell’agosto del 1919 ritornò definitivamente al suo paese di Adami.

Dalle fotografie del fronte di guerra che Felice Costanzo conservò come ricordo, si può notare la grande somiglianza dei lineamenti del viso e del portamento che Felice ha con lo zio Michele, specialmente se confrontate con le prime fotografie americane di Michele Pane quando aveva la stessa età di Felice soldato. La somiglianza si conserverà anche negli anni seguenti, tanto da indurre Gabriele Rocca, quando per una grave malattia si era recato a Roma per cure e dove poi morirà, incontrando Felice gli disse: «Tu a Michele tutt’assomigli ‘e facc’e de statura!» (così nella poesia Per il trigesimo di Gabriele Rocca, in “Juri ‘e luntananza”, 1958).

Dal primo ottobre 1919 prese servizio d’insegnante nella scuola elementare di Soveria Mannelli, sede che raggiungeva in bicicletta o a piedi.
In quei primi anni del dopoguerra, nei pomeriggi liberi dal lavoro scolastico, si dedicava a dirigere i lavori di risistemazione della casa paterna e delle proprietà agricole, anche perché stava per conquistare una nuova tappa della sua vita: il matrimonio.
Il 18 agosto 1920 Felice sposa Raffaela Costanzo, sorella di Don Luigi e di Rosarino, amici fra i più sinceri e duraturi di Michele Pane. Dalla coppia nasceranno quattro figli: Innocenza, Achille e le gemelle Grazia e Rachele mentre Felice riesce ad ottenere pian piano l’avvicinamento della sede di servizio prima a Liardi e poi ad Adami.

Famiglia Costanzo nel 1930

Felice Costanzo con la moglie Raffaela e i loro quattro figli. In braccio le neonate gemelle Rachele e Grazia, davanti Innocenza e Achille.

Passano gli anni e Felice pensa che per garantire ai figli migliori opportunità di studio, sarebbe stato utile trasferire tutta la famiglia in una grande città.
Si pensa a Roma dove il cognato Don Luigi avrebbe avuto la possibilità di aiutarli nella sistemazione. E infatti così accadrà, nel 1936, esattamante l’11 febbraio. Dapprima vi si trasferisce il solo Felice raggiunto dopo pochi mesi dal resto della famiglia che si sistemò a Ostia Antica.
Superati, indenne, i rapporti con i gerarchi fascisti che ogni tanto gli si avvicinavano per rimproverargli il suo scarso “attaccamento” al partito — giunsero a quasi ottenerne il licenziamento — la vita nella città di Ostia Antica proseguì tranquillamente, con il suo impegno nel lavoro e i figli che progredivano negli studi.
Tutti gli anni, durante le vacanze estive, la famiglia Costanzo si trasferiva nel natio paese di Adami. L’evento era così sistematico che Felice Costanzo — unico caso noto!— negli anni successivi scriverà nelle prime pagine dei libri pubblicati l’indirizzo “abituale”, cioè quello di Roma (dove andrà a vivere) e quello “estivo (luglio-agosto)” di Adami, inclusi i numeri di telefono.
Nel 1943 la partenza per le vacanze estive avvenne prima del previsto perché, per l’incalzare degli eventi bellici, la chiusura delle scuole fu anticipata e la famiglia partì per Adami già alla metà di giugno. Si pensava a una breve permanenza nella casa natale, per cui furono portati meno bagagli del solito, lasciando tutto nella casa di Ostia, come per una breve assenza. E invece le cose andarono diversamente, poiché la zona di Ostia fu sfollata e nessuno poteva tornare nella propria casa.

Passarono così due anni di angoscia per la situazione bellica che anche in Calabria faceva sentire il suo peso ma, soprattutto, per il destino della casa ostiense abbandonata a se stessa.
Nei seguenti due anni scolastici di forzata permanenza in Calabria, il 1943-44 e 1944-45, Felice Costanzo insegnò nella scuola elementare di Adami, con grande piacere, se non fosse stato per i timori su ciò che forse stava capitando alla sua casa di Ostia.
In quegli stessi anni le figlie Rachele e Grazia, frequentarono il 4° e 5° ginnasio al Galluppi di Catanzaro ospiti, insieme alla madre, del loro zio Don Luigi Costanzo che a Catanzaro era stato nominato Provveditore agli Studi dal Comando degli Alleati, dopo il loro sbarco in Sicilia. Achille invece frequenta il 3° anno al Liceo Fiorentino di Nicastro. Cenza, che aveva già conseguito la licenza liceale, resta in Adami con il padre e la fedelissima domestica Sandrina.

Anche in Adami ci fu qualche apprensione per i pericoli della guerra. Intorno alla zona di Adami-Liardi si trovava una postazione della contraerea tedesca che veniva presa di mira dagli aerei degli Alleati. Durante il giorno, quando gli aerei si facevano minacciosi nel cielo, gli abitanti di Adami lasciavano le loro case e si inoltravano nei vicini boschi, nascondendosi alla vista di eventuali incursori.

Nel maggio del 1945, ottenuti i permessi, Felice Costanzo, trepidante, affrontò il viaggio per Ostia dove avrebbe potuto finalmente conoscere il destino della propria casa.
Con sorpresa e orrore la trovò completamente vuota! Niente mobili e suppellettili ma neanche le finestre, i lavandini, i tubi dell’acqua. La scomparsa di oggetti e ricordi di famiglia colpì nel cuore Felice, poiché i ricordi che si tramandano per mezzo degli oggetti, delle fotografie, delle lettere sono parte della famiglia, come e più degli altri beni, essendo insostituibili. Chissà anche quanti documenti che riguardavano il rapporto con il celebre zio Michele sono andati distrutti in quell’occasione!

Superato il primo momento di shock, si pensò a come rimettere su la casa. Più tardi sarebbe arrivato qualche indennizzo come risarcimento di danno di guerra ma fu tardivo e insufficiente. Per non far perdere un altro anno ai due figli maggiori, Felice Costanzo lasciò Adami per l’inizio del nuovo anno  — scolastico per lui e accademico per i figli —  andando ad abitare presso la cugina Libertà a Roma, mentre la moglie e l’altra figlia rimasero ancora in Calabria.

Dopo pochi giorni, organizzata con mezzi di fortuna una parvenza di abitabilità nella casa di Ostia, Felice e i due figli vi si sistemarono come ci si può sistemare nel periodo che segue una disastrosa guerra, con merci introvabili e, comunque, a carissimo prezzo.

Arrivata l’estate, tutti si ritrovano in Adami da dove pochi mesi dopo l’intera famiglia, ormai riunita, farà ritorno a Ostia.

Fu in questi anni che Felice Costanzo incomincia a mettere mano alla penna per comporre le prime poesie ricevendo consensi e apprezzamenti. La cosa che più lo incoraggiava era che i plausi e gli apprezzamenti gli venivano da persone che di queste cose se ne intendevano: don Luigi Costanzo, Michele Pane, Vittorio Butera.

Passarono così gli anni ’40 e arrivarono tempi migliori: le lauree dei figli, l’acquisto di una macchina (una Fiat 600), l’assidua frequentazione del cognato Don Luigi che era a Roma, e tutto sembrava andare per il verso giusto. Immancabilmente, tuttavia, dovevano arrivare anche dispiaceri e dolori, soprattutto per la morte degli amati congiunti: il fratello Pasquale, lo zio Michele Pane e il cognato don Luigi.

Dedica di Michele Pane su una copia di Garibaldina alla famiglia Costanzo

Dedica di Michele Pane su una copia di Garibaldina ai figli del nipote Felice Costanzo

Gli ultimi due anni di servizio nella scuola di Ostia Felice Costanzo li trascorse in ufficio, avendo conseguito la nomina di Collaboratore Fiduciario con esonero dall’insegnamento. Tra il disbrigo delle pratiche, Felice trovava il tempo di dedicarsi anche a letture e composizione di varie opere che pubblicherà via via con editori di Decollatura, Roma, Nicastro e Soveria Mannelli.
All’età di 65 anni, nel 1959 fu collocato a riposo e successivamente si trasferì a Roma dove aveva comprato una casa nella centrale via S. Evaristo, nei pressi di Città del Vaticano.
I figli cominciano ad intraprendere le professioni legate ai titoli di studio conseguiti: Cenza, laureata in Matematica e Fisica, inizia ad insegnare; Achille, laureato in Ingegneria elettrotecnica affronta gli esami ed entra nell’Istituto Superiore di Telecomunicazioni; Rachele Laureata in Lettere Classiche inizia l’insegnamento; Grazia, conseguito il diploma in Economia Domestica, insegna saltuariamente in alcune scuole di Roma e Fiumicino.

Felice Costanzo con figlie e nipoti

Felice Costanzo con figlie e nipoti

Felice Costanzo con Libertà e Oronzo e figlie, luglio 1973

Felice Costanzo brinda con Libertà, Oronzo e figli - Luglio 1973

Dal 1961 Felice, venduta la casa paterna di Censo, si trasferisce nell’altra casa che aveva ristrutturato nella zona vicino la stazione ferroviaria di Adami (Le Fosse), dotata di un grande giardino in cui trovava posto anche un bel campo di bocce, una delle sue passioni.

Il volumetto “Dalle origini… (ricordi di famiglia)” è stato utilissimo per raccontare le vicende di Felice Costanzo fino all’inizio degli anni ’60. Per la parte successiva mi hanno offerto un valido aiuto le sue poesie (molte riguardano episodi particolari della sua vita) e i ricordi – vividi e dettagliati – della figlia Rachele.

Quello che emerge dalle sue note autobiografiche – ma anche dal resto delle sue opere – è un Felice Costanzo quale uomo serio, onesto, laborioso, attaccato alla vita di cui sapeva apprezzare i più semplici piaceri, senza mirare a grandi ed eclatanti ostentazioni e pretese.

«Una partita a tressette – ricorda Rachele – e a scopone, fuori casa o in famiglia, lo riempiva di gioia. Lo stesso effetto positivo gli faceva il gioco delle bocce nel “campo chi addura de viole e de frascame” di Michele a Pagliaia o nel campetto di casa.»

D’estate, quando in tutti i paesi del circondario si svolgevano le fiere, Felice doveva assolutamente visitarle tutte. Toccava alla figlia Cenza accompagnarlo in macchina, anche se non ne era particolarmente entusiasta, immaginando già le difficoltà che avrebbe incontrato nel destreggiarsi nel caos creato dalla circolazione di buoi, asini, pecore, donne con ceste sul capo, bambini, vecchi disorientati, camion e poi tutte le altre macchine.
Più di tutte, mi racconta Rachele, le pesava andare alla fiera dell’Abbandonata di Soveria, dove lo spazio era particolarmente angusto. Ma non era necessario insistere molto e Cenza prendeva le chiavi della macchina, disposta ancora una volta a sacrificarsi per il padre. E lui era doppiamente “felice”!

La vita nella casa di Adami gli offriva tanti piccoli piaceri, come quello di curare le piantine da frutto alle quali non faceva mancare l’acqua, ottenendone in cambio i frutti (soprattutto pere) che apprezzava molto.
Una delle sue passeggiate preferite lo portava alla fontana vecchia di Adami, sempre munito del suo bicchiere tascabile, pronto a farsi delle salutari bevute. Mai nessuna bevanda fu apprezzata da Felice Costanzo quanto le acque delle sorgenti della sua terra.
L’altro grande piacere di Felice era quello di ospitare altri “bei fiori” che coronavano la sua esistenza e cioè le nipotine Raffaella e Silvia – figlie di Achille – e talvolta Teresa, Lucilla e Mimmo, figli di Grazia.

Felice Costanzo a Villa Sciarra (Roma) con i nipoti Raffaella, Mimmo, Teresa, Lucilla e Silvia. Anno 1973 circa

Felice Costanzo a Villa Sciarra (Roma) con i nipoti Raffaella, Mimmo, Teresa, Lucilla e Silvia. Anno 1973 circa

Nel mese di dicembre del 1972 gli fu conferita la nomina di Socio dell’Accademia Cosentina, come era accaduto sessant’anni prima allo zio Michele Pane. Felice Costanzo accoglie quasi con incredulità la notizia, componendo subito una poesia pubblicata nel 1975 per ringraziare della nomina e per schermirsi dietro la sua tradizionale modestia.

Nel 1974, tra giugno e luglio, trascorse più di un mese di degenza all’ospedale di Catanzaro. Tornato a casa, trascorse un lungo periodo di convalescenza in cui, rincuorato dai familiari, pian piano riprese a camminare aiutandosi con due bastoni. Dovette però dire addio alla bicicletta, alle bocce e ai suoi consueti “70 giri” intorno casa.

Pochi anni dopo, un grande dolore è in agguato. Il 17 ottobre 1978 muore la sua adorata moglie Raffaela, Rafeluzza come vezzosamente la chiamava. È inutile aggiungere che, a questo punto, la vita di Felice Costanzo subisce una svolta fondamentale. Arriva la solitudine, arrivano le lunghe giornate trascorse a pensare e a rimuginare, con il pensiero che vagava, tra ricordi dolci e amarezze.
Il maggiore conforto fu, in questo periodo, il continuare a scrivere versi e a ripercorrere col pensiero la sua vita arrivando sempre più ad apprezzare le piccole cose, le piccole gioie della vita.
Grande conforto gli davano le visite dei vecchi amici sia a Roma sia nella casa di Adami durante il periodo estivo, come quelle, fra gli altri, di Nicola Sinopoli, Peppino Cerra, Peppino Scalzo e Giuseppe Mascaro di Serrastetta.

Intanto si avvicina l’epilogo. Agli inizi del giugno 1986, Felice Costanzo inizia ad avvertire una certa debolezza.
È il suo unico rene che comincia a cedere, avendo avuto asportato l’altro molti anni prima. La situazione precipita, ma Felice, pur rendendosi conto della gravità della situazione, continua a sperare di poter tornare a vedere ancora una volta la sua casa di Adami.
Poi «È finita! – sussurra infine all’orecchio della figlia Rachele ­– Vicino a me c’è mio fratello Pasquale, lo vedi? È qua!»

La sera del 13 giugno 1986, nella sua casa di Roma, muore serenamente dopo aver recitato per intero «Davanti S. Guido» di Carducci, una delle sue poesie preferite.

Dopo il funerale a Roma, la salma fu trasferita in Adami dove, nella chiesa gremita, il prof. Peppino Scalzo pronunciò un caloroso elogio funebre. E poi, quando il corteo, mestamente avviato lungo la strada che conduce al cimitero di Decollatura, passò sotto la grande quercia della Linza, lo stesso Peppino Scalzo protese una mano verso l’alto e, afferrato un ramo dell’albero, senza staccarlo, lo avvicinò alla bara in cui giaceva Felice, in segno di saluto, proprio come lui aveva immaginato nella poesia dedicata alla quercia.
Liberato dalla morsa, il ramo ritornò al suo posto, a guardare dall’alto Felice che si avviava lungo l’ultimo amaro tratto della sua vita terrena.

Lettera dell'aprile 1953 di Michele Pane a Felice Costanzo

Lettera dell'aprile 1953 di Michele Pane a Felice Costanzo

 

Nei confronti dello zio Michele Pane, Felice ebbe naturalmente stima e ammirazione. Il suo contributo fu fondamentale per portare a termine la pubblicazione della raccolta Musa Silvestre avvenuta a Roma presso l’editore Vittorio Bonacci (di origini decollaturesi) nel 1967. A Felice Costanzo riuscì in quell’occasione di realizzare il progetto editoriale intrapreso dieci anni prima da Gabriele Rocca e Don Luigi Costanzo su sollecitazione di Libertà. Desideravano pubblicare una nuova raccolta antologica dei versi di Michele Pane ma per problemi vari con gli editori e la loro improvvisa scomparsa non si era potuto fino a quel punto realizzazione l’impresa. La produzione letteraria di Felice Costanzo consiste in sedici pubblicazioni, sedici garbati volumetti tutti in formato tascabile, adatti a contenere quasi sempre in un’unica pagina, un’intera poesia, comodi da tenere in mano. I temi sono versi d’occasione (brindisi, auguri per ricorrenze e celebrazioni, ecc.) ma anche ricordi della propria fanciullezza, del paese natale Adami, e anche poesie che sarebbero state adatte a un libro di lettura per le scuole elementari (… quelli di una volta) perché di tono pedagogico e affettuoso, come doveva venirgli naturale per la sua lunga professione di insegnante. E, proprio a questo proposito, si distingue tra i suddetti volumi, quello intitolato «Grammatichetta italiana in versi». L’editore della prima edizione del 1949, Vittorio Bonacci, queste parole: «Questa grammatichetta […] è nata nella scuola e per la scuola, in intima collaborazione con gli stessi alunni i quali – con la festosa accoglienza, con la prontezza del loro esperimento mnemonico, con i loro rinnovati e felici richiami in sede di correzione o di analisi – sono stati gli stimolatori più efficaci del pensoso maestro che ha cercato per loro – unicamente per loro – formule facili, spesso vivaci e scherzose, atte a richiamare regole e norme di solito mal digeribili e astratte». E infatti il maestro Felice si ingegna nel trovare versi per esprimere con puntualità regole e norme su articoli, nomi, verbi, e tutto quello che costituisce il tormento degli scolari:

MODI E TEMPI DEL VERBO

Quattro son modi finiti,
chè l’azione fan precisa;
altri tre gl’indefiniti,
che la lasciano indecisa.

Prima c’è l’indicativo
che ti dona la certezza,
e poi viene il congiuntivo,
che t’esprime dubbiezza.

Dopo il se col CONGIUNTIVO,
MODO C’È condizionale;
SE tuo padre FOSSE vivo,
non STARESTI così male.
………..

e così via, per tutti i tempi del verbo.

A questa prima opera seguì «Juri ‘e luntananza. (Viersi ‘n calavrise)» pubblicata dall’editore Vittorio Bonacci a Roma nel 1958, in cui la presenza dell’impronta dello zio Michele Pane è evidente, a partire dal quel sottotitolo Viersi ‘n calavrise che richiama quello usato da Pane nel 1911 Stroffe ‘ncalavrise. In questo libro è contenuta una delle più famose poesie di Felice Costanzo:

‘A CERZA D’A  LINZA

O cerza, chi arroccata e puterusa
spidi lu vientu fort’’e tramuntana,
‘sta mente te ricorda ed amurusa
se vorge sempr’a ttie chi si’ luntana!

Te guarda cum’’u faru de sarvizza
‘u marinaru adocchia d’intru l’unde,
quandu lu vientu ‘na timpest’attizza
e lle pagure sue se fanu funde.

O vecchia cerza, tu chi fai vidìre
‘ fermu truncu e cime a zumpunìa
allarghi, cumu vrazza pp’accoglire,
accuogli puru ‘sta parola mia!

‘U viernu tu te spùogli pp’alluttare
cchjù forzicuta ccu’ lli brutti vienti;
‘mprimavera pue ‘ncigni a t’adornare,
cà lu bisuognu nuostru già tu sienti!

O cerza rande, sutta ‘ssa friscura
ripara l’agelluzzi ccu’ lli nidi
e glianda duna ed aria frisca e pura:
‘n’âtri mill’anni statti dduve sidi!

L’ùomini moni sempre se faû guerra
ppe’ sse tirare l’anim’e llu core;
tu, chi si’ arradicata forte ‘nterra,
surtantu bene mandi sempre fore!

A ‘ss’umbra tua cuntientu, ‘e quatrariellu,
fùozi scolaru ( e cumu cce tornerra!);
a ‘ss’umbra pue cce fùozi giuveniellu,
de maestru (furnut’’a prima guerra).

E tridici anni cce passai cuntientu,
faciendu, cumu pùotti, ‘u mio duvere;
pue me portàu luntanu ‘n’autru vientu,
ma piensu sempr’a chille primavere!

A ss’umbra pue cce tuornu vecchiariellu
ppe’ te dire ‘st’amara storiella:
– «Tu ere vecchia ed io ‘nu quatrariellu;
mo’ sugnu viecchiu e tu… si’ fort’e bella!» –

A ‘ssu tiermin’e Linza pue te lassu
e me ‘ncaminu ppe’… ‘na brutta via
e quandu ‘ntieri, all’urtimu, te passu,
‘na cima chjca supr’’a vara mia!

'A cerza d''a Linza (La quercia della Linza), Adami

'A cerza d''a Linza (La quercia della Linza), Adami. A sinistra si scorge l'ottocentesco ex edificio delle scuole elementari

L’atmosfera della poesia è quella nostalgica, tipica di molta produzione dello zio Michele. I luoghi di Adami, limitati nel numero ma infiniti nelle combinazioni che riescono a produrre, sono però diversi perché diversa è stata la “lettura del territorio” dei due uomini: separati temporalmente di una generazione e nello spazio dall’infinità oceanica. Felice, in questa poesia, ci parla di una maestosa pianta di quercia che cresceva (e tuttora continua a godere di buona salute) al confine di un terreno detto ’a  linza nelle immediate vicinanze dell’antico edificio della scuola elementare di Adami. La quercia lo ha visto bambino quando andava a scuola, adolescente a sospirare, forse, alla sua ombra, da adulto a insegnare per molti anni in quella stessa scuola. Ora Felice le dice di aspettarlo per l’ultimo, fatale incontro. Quando lui, nella bara, le passerà sotto perché è da lì che passa la strada che dalla chiesa di Adami porta al cimitero, le chiede solo un piccolo segno, in cambio della stima che lui ha avuto per lei: un inchino fatto con un ramo, un ultimo saluto!

E, in qualche modo, così accadrà!

PUBBLICAZIONI DI FELICE COSTANZO

N.

Titolo

Anno

 1

Grammatichetta italiana in versi, Vittorio Bonacci Editore, Roma

1949

 2

 Per ricordare, Gastaldi Editore, Milano

Gennaio 1958

 3

 Juri ‘e luntananza (Viersi ‘n calavrise), Vittorio Bonacci Editore, Roma

Maggio 1958

 4

 Piccole cose (poesiole per piccoli), Tip. Numistrana – L. Nucci, Lamezia     Terme

1967

 5

 Altri Ricordi…, Tip. Numistrana – L. Nucci, Lamezia Terme

1967

 6

 Juri tardivi (viersi ‘n calavrise), Tip. Numistrana – L. Nucci, Lamezia  Terme

1967

 7

 Urtimi Juri (viersi ‘n calavrise), Tip. Numistrana – L. Nucci, Lamezia Terme

1971

 8

 Ultimi Ricordi (poesie in lingua italiana), Tip. Numistrana – L. Nucci, Lamezia Terme

1971

 9

 Urtimi Juri (aggiunte), Rubbettino, Soveria M.lli

1975

 10

 Ultimi Ricordi (aggiunte), Rubbettino, Soveria M.lli

1975

 11

 Ultimi Ricordi (altre aggiunte), Rubbettino, Soveria M.lli

1978

 12

 Grammatichetta italiana in versi, Tip. Olimpica, Roma (ristampa con aggiunte)

1979

 13

 Ultimissimi ricordi e juri, Grafica Reventino, Decollatura

1979

 14

…Juri. Estratto da ULTIMISSIMI RICORDI E JURI, Grafica Reventino, Decollatura,

1979 (?)

 15

 Ancora ricordi…, Rubbettino, Soveria M.lli,

1982

 16

 Dalle origini… (ricordi di famiglia), Rubbettino, Soveria M.lli

1983

Qui di seguito presento le copertine di tutte le pubblicazioni di Felice Costanzo e, per ciascuna di esse, anche alcune pagine:

Ringrazio vivamente le figlie Rachele e Grazia Costanzo per le informazioni e il materiale fornito.

Copyright © 2012 Giuseppe Musolino

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Helen Grayco

Helen Grayco

Helen Grayco

di Giuseppe Musolino

E’ stata una delle maggiori sorprese in cui mi sono imbattuto durante la scrittura della biografia di Michele Pane: una sua nipote – o meglio, una nipote della moglie Concettina Bilotta – è stata ed è ancora una cantante molto famosa negli Usa. Pochi in Calabria la conoscono ed è per questo motivo che ne voglio parlare in questo blog. Ma cominciamo con ordine.

Helen Grayco

Helen Greco, in arte Helen Grayco

La cantante è conosciuta come Helen Grayco ma il suo vero cognome è Greco e il suo legame con Concettina Bilotta è spiegato nelle righe seguenti. Antonio Sinopoli era il nonno materno di Maria Concetta Bilotta; tra i figli di Antonio Sinopoli c’erano Innocenza ed Elisabetta. Elisabetta è la madre di Maria Concetta mentre Innocenza sposò un certo Giovanbattista Greco. Da Giovanbattista nacque nel 1885 Battista  che emigrò giovanissimo nel 1901 negli Usa. Battista Greco dunque era cugino in primo grado di Maria Concetta ma anche cugino di secondo grado dello stesso Michele Pane.
Battista Greco emigrò negli Usa nel 1901 dove nel 1908 sposò Rosa Cianflone a sua volta emigrata nella città di Tacoma (Washington). Qui nacquero i loro 11 figli, come si può vedere dal documento che segue che è una pagina del censimento del 1930:

Censimento Usa del 1930 - famiglia Battista Greco

Censimento Usa del 1930 – famiglia Battista Greco

La famiglia abitava al n. 1314 di South Cushman Ave. e i suoi componenti sono elencati a partire dal numero 57 del foglio. Il primo è il capofamiglia Battista, segue la moglie Rosa, poi le figlie Caterina, John, Theresa, Ralph, George, Anthony, James, Helen, Elizabeth e poi il suocero Raffaele (Ralph) Cianflone. Battista risulta essere proprietario di un negozio di pasticceria in cui lavoravano già i primi due figli, mentre la  penultima figlia è proprio la Helen di cui si parla.

Helen nacque il 20 settembre 1924 e da giovanissima manifestò un talento spiccato per il canto. A otto anni debuttò in un programma dal titolo The Carnival Hour alla stazione radio KHJ che trasmetteva da Los Angeles. Successivamente ci fu l’incontro con Bing Crosby (famoso attore e cantante, anch’egli nato a Tacoma) al quale capitò di ascoltare Helen che cantava in uno show radiofonico trasmesso da una stazione radio di Seattle. Crosby, ascoltandola, pronunciò le profetiche parole “Holly-wood!” e così fu.
In quegli anni – gli anni ’30 – l’America era in piena crisi economica, la Grande depressione, e anche gli affari di Battista, il padre di Helen, ne soffrirono. Anzi, per colpa della grande crisi, accadde che i clienti del suo negozio-ristorante non riuscivano più a pagare i conti e lui, continuando a fare credito, rapidamente si ritrovò in una situazione economica insostenibile e dovette chiudere l’attività. Fu così che Helen divenne il sostegno per tutta la famiglia, i suoi 10 fratelli, i genitori e il nonno materno che viveva con loro. Accompagnata dai due fratelli maggiori e dalla sorella andò a Hollywood dove riuscì ad avere il contratto per lo show. A quel punto tutta la famiglia si trasferì a Los Angeles. Helen guadagnava da 50 fino a 70 dollari alla settimana, una grande cifra durante gli anni della depressione. A 13 anni fu messa sotto contratto dagli Universal Studios, firmando un contratto con Joe Pasternak. Gli Universal Studios stavano cercando una nuova attrice che sostituisse Deanna Durbin, che aveva avuto un enorme successo con il film Tre ragazze in gamba del 1936, la quale stava per uscire dai ruoli di giovane per passare a quelli di donna. Helen sembrava candidata a essere l’attice degli Studios per i ruoli di adolescente e il pre-contratto che prevedeva la paga settimanale di 100 dollari ne era la riprova. Il film si doveva chiamare Little Lady con la regia di Norman Taurog, ma un cambio improvviso nella dirigenza degli Universal Studios, ribaltò le cose e il contratto con Helen fu sciolto.

In seguito Helen ebbe qualche partecipazione anche in famosi film, ma si trattava di piccole parti.
La più importante è una breve apparizione in uno dei film più importanti della storia del cinema A night at the Opera dei fratelli Marx del 1935. Helen, che allora aveva solo 11 anni, comparve come una delle bambine che circondavano Chico Marx mentre suona il piano, scena che viene subito dopo la canzone interpretata da Allan Jones, nella parte centrale del film. Ecco il breve spezzone in cui si vede Helen (è la seconda da destra, evidenziata):

Il suo nome, naturalmente, non compare nel cast e la conoscenza di questo particolare viene da un’intervista concessa dalla stessa Helen al critico musicale americano Bill Reed nel 2008.

Nel frattempo Helen frequentava la Hollywood Professional School di Los Angeles.

Hollywood Professional School

Hollywood Professional School di Los Angeles

Per due o tre anni Helen Grayco, questo era diventato il suo nome d’arte, lavorò con le band di Chuck Cascalas, Chuck Cabot e Red Nichols.

Nel 1946 l’incontro decisivo con il futuro marito, il cantante Spike Jones. Helen stava esibendosi all’ Hollywood Palladium quando fu sentita da Spike Jones che aspettò la fine dell’esibizione per parlare con Helen per proporle di lavorare con lui. Helen rimase perplessa perchè il genere di spettacolo di Jones era completamente diverso dal suo. Lei era una cantante raffinata di swing e jazz mentre Spike Jones proponeva spettacoli teatrali, più adatti ad attori che a cantanti. Ma lui chiarì subito: Helen avrebbe avuto uno spazio tutto suo, autonomo dal resto dello show, 15-20 minuti di canzoni utili per calmare il pubblico che di solito si eccitava molto per le rocambolesche performance di Jones.

Helen viene così inserita nello show di Jones e tra i due nasce anche qualcosa di più che li porterà al matrimonio nel 1948. Proprio in quell’estate del 1948 si erano recati in Los Angeles Maria Concetta Bilotta e la figlia Leda (moglie e figlia di Michele Pane) come racconto nella biografia di Michele Pane a pag. 214 e seguenti. Gli sposi erano in viaggio di nozze a Honolulu e tornarono in città giusto in tempo per salutare le ospiti che stavano per tornare a Chicago.

Articolo sull'imminente matrimonio di Spike e Helen

Articolo sull’imminente matrimonio di Spike e Helen

Fotografia di un'agenzia che annuncia l'imminente matrimonio di Helen e Spike

Fotografia di un’agenzia che annuncia l’imminente matrimonio di Helen e Spike

Spike Jones, Helen Grayco e figli

Spike Jones, Helen Grayco e figli

Spike Helen e figlio

Spike, Helen e figlio

La carriera di Helen continuò nello show del marito e anche come cantante solista di un particolare jazz, jazz da “cocktail delle ore piccole”, molto affascinante e coinvolgente. Pubblicò numerosi dischi singoli e poi due album, rispettivamente  nel 1957 e 1958 intitolati After Midnight e Lady in Red:

Copertina di "After midnight" - 1957

Copertina di “After midnight” – 1957

Copertina di "Lady in red"

Copertina di “Lady in red”

Spike Jones morì all’età di 53 anni nel 1965.

Helen manteneva buoni rapporti con la famiglia di Michele Pane. Oltre all’episodio raccontato nella biografia Michele Pane. La vita a pag. 214, quando a spettacolo finito scende dal palco per salutare i Pane seduti in terza fila dello Studebaker Theatre di Chicago (nel 1947), Pamela, la figlia di Salvatore, mi ha scritto che ricorda ancora il giorno in cui, durante un passaggio di Spike ed Helen da Chicago (nei primi anni’60), lei fu ospite insieme al padre dei coniugi Jones nel ristorante Pump’s Room. Il Pump’s Room dell’Ambassador East Hotel era il ristorante più prestigioso della città, specialmente il Booth One, in cui erano di casa i maggiori attori e personaggi dello spettacolo. Era davvero una cosa fuori dal comune essere ammessi a quella sala e Spike e Helen fecero davvero un bel regalo invitando Salvatore e la figlia Pamela in quel locale esclusivo.

Sui rapporti di Helen Grayco con i parenti calabresi abbiamo l’inedita testimonianza della prof.ssa Carmela Brunetti di Lamezia Terme, legata da parentela con Helen, che mi ha gentilmente messo a disposizione una fotografia spedita nel 1958 a suo padre Michele Brunetti dallo zio Battista Greco:

Battista Greco, la moglie Rosa e gli 11 figli nel 1958

Battista Greco, la moglie Rosa e gli 11 figli nel 1958

 

In questa eccezionale fotografia i genitori sono al centro, seduti, e tutto intorno i figli. Helen è col vestito bianco a sinistra, con il suo inconfondibile sorriso. Appesa al muro, a destra, si intravede una cornice con la fotografia di Spike Jones ed Helen.

Questa è la dedica che  accompagnava la fotografia:

Dedica a Michele Brunetti

Dedica di Battista Greco a Michele Brunetti

Grazie ancora, Nella, per la generosa collaborazione!

Giuseppe Musolino

 

Ecco alcuni filmati che ci permettono di scoprire Helen Grayco, un’artista dal grande talento.

Il primo ripropone una delle numerose partecipazioni di Helen Grayco allo spettacolo che Spike Jones teneva sulla rete televisiva NBC dal titolo Colgate Comedy hour. Si trattava di un programma sponsorizzato dalla ditta Colgate Palmolive che alternava spot pubblicitari dei prodotti di pulizia della multinazionale allora famosi anche in Italia con gag e canzoni e che andava in onda la sera della domenica dalle 20,00 alle 21,00.
Il protagonista presentatore è Spike Jones, con il suo tipico vestito a quadri e la chewing gum perennemente in bocca. Quella che segue è la canzone «Mad About the Boy» cantata da Helen nella puntata andata in onda il 16 settembre 1951:

Ecco un’altra canzone, One for My Baby, di Helen Grayco nello show di Spike Jones del 1952:

Queste sono altre interpretazioni di Helen:

Helen Grayco Well Be Together Again:

 

Helen Grayco Lily’s Lament [Cell 29]. Musica di Perez Prado:

Helen Grayco  Take me in your arms:

 

Helen Grayco “Rock And Roll Wedding”, 1956:

Helen Grayco “Night train”:

Intervista a Helen Grayco e amici ricordando Spike Jones dal sito ufficiale di Spike Jones:

Filmografia

Helen Grayco vanta anche partecipazioni in alcuni film di Hollywood.
That Certain Age  (1938)

Locandina di "That Certain Age"

Locandina di “That Certain Age”

In questo film, che vede protagonista Deanna Durbin, Helen ha solo una piccola parte tanto è vero che nel cast è indicata come “girl”.
Cha-Cha-Cha Boom

Locandina "Cha Cha Cha Boom"

Locandina “Cha Cha Cha Boom”

Helen in questo film interpreta “se stessa” poichè esegue il brano Lily’s Lament [Cell 29] con la musica di Perez Prado che è visibile nei link precedenti.
Un’altra locandina del film:

Locandina "Cha Cha Cha Boom"

Locandina “Cha Cha Cha Boom”

Helen Grayco e il marito Spike Jones furono sempre seguiti con grande attenzione dai giornali americani specializzati nel campo musicale.
Ad esempio il settimanale  The Billboard su quasi tutti i numeri pubblicava notizie e fotografie dei due artisti, e spesso dedicava loro la copertina.
Ecco alcune immagini:

Copertina di Billboard 5 agosto 1950

Copertina di The Billboard, 5 agosto 1950

Quella che segue è una fotografia tratta da un articolo pubblicato in The Billboard del 29 novembre 1947 in cui Helen e Spike (non ancora sposati) mostrano un barile pieno di monete raccolte per finanziare un’associazione per la lotta contro il cancro.
La fotografia è interessante perchè, come dice la didascalia, la raccolta fu fatta durante uno spettacolo al teatro Studebaker di Chicago che poi è quello in cui avvenne l’incontro con la famiglia di Michele Pane (vedi Michele Pane. La vita a pag. 214).

The Billboard 29 novembre 1947

The Billboard, 29 novembre 1947

The Billboard 17 marzo 1951

The Billboard, 17 marzo 1951

 

The Billboard, 12 febbraio 1955

The Billboard, 12 febbraio 1955

 

The Billboard, 18 settembre 1954

The Billboard, 18 settembre 1954

 

Copertina di Down beat

Copertina di Down beat, 1951

Copertina TV Guide 1961

Copertina TV Guide, luglio 1961

 

Helen, Spike e Duke Ellington, dalla rivista "Jet", 1954

Helen, Spike e Duke Ellington, dalla rivista “Jet”, 1954

Questi sono i link ad alcuni filmati presenti sulla rete che mostrano le performances di Spike Jones:

1) Hits Medley: una raccolta di successi

2) Pass the biscuits, Mirandy (1942)

 

Copyright © 2012-2013  Giuseppe Musolino

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Gaspare Colosimo

Gaspare Colosimo

Gaspare Colosimo è stato forse l’amico che più influenza ha avuto sulla vita stessa di Michele Pane. E’ quindi inevitabile che in queste pagine venga ospitata una sua nota biografica e un approfondimento sui suoi rapporti con il nostro poeta.

Senatore Gaspare Colosimo nel 1925

Il Senatore Gaspare Colosimo nel 1925

Gaspare Colosimo nacque a Colosimi, in provincia di Cosenza, l’8 aprile 1859 da Pietro Paolo (avvocato) e Artemisia Colosimo. Negli studi seguì le orme paterne laureandosi in Giurisprudenza per avviarsi successivamente alla professione di avvocato.
Stabilitosi a Napoli, sposò Tommasina Grandinetti, nipote del senatore Francesco Saverio Arabia. A Napoli iniziò la professione riscuotendo ampio successo e incominciò a indirizzare i suoi interessi verso la politica. Divenne dapprima consigliere comunale a Napoli e poi consigliere di quella provincia.
Ma una carriera politica di più ampio respiro lo attendeva nel collegio elettorale di Serrastretta (provincia di Catanzaro) nel quale risultò eletto deputato nella XVIII Legislatura il 6 novembre 1892.

cartolina Colosimo

Dopo questa elezione Colosimo fu rieletto ininterrottamente fino alla XXVI Legislatura del 1921, aggiungendo alla sua attività di parlamentare anche quella di vari incarichi in seno al Governo. Nel 1924 fu nominato senatore.

Al Governo ebbe diversi incarichi: Sottosegretario di Stato al Ministero dell’agricoltura, industria e commercio dal 1° luglio 1898 al 17 maggio 1899; Sottosegretario di Stato al Ministero di grazia e giustizia e dei culti dal 5 giugno 1906-24 marzo 1907; Sottosegretario di Stato al Ministero delle colonie dal26 novembre 1912 al 24 novembre 1913; Ministro delle poste e telegrafi dal 24 novembre 1913 al 19 marzo 1914; Ministro delle colonie dal 19 giugno 1916 al 23 giugno 1919; Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell’interno “ad interim in caso di assenza del titolare” dal 9 marzo al 23 giugno 1919.

Tommasina Colosimo

Busto di Tommasina Grandinetti Colosimo

La vita familiare di Gaspare Colosimo fu turbata dall’improvvisa e prematura morte di uno dei figli, Paolo Colosimo, già avviato alla carriera di avvocato, avvenuta il 24 maggio del 1913.

In memoria dello sfortunato figlio, i coniugi Colosimo pensarono di aiutare i bambini affetti da cecità e per fare ciò  dedicarono risorse economiche ed energie all’istituto per ciechi di Napoli che versava in disastrose condizioni economiche. In ricordo di ciò l’istituto fu intitolato a Paolo Colosimo, come ancora oggi si chiama.

Paolo Colosimo

Busto in marmo di Paolo Colosimo - Istituto "Paolo Colosimo" di Napoli

Per quanto riguarda il rapporto con Michele Pane, l’inizio è senz’altro da collocare al tempo del processo di Lucera del 1900.
Il contatto con l’avvocato Colosimo fu favorito dalla famiglia Pane che certamente aveva avuto contatti con il politico Colosimo fin dai tempi delle sue prime candidature alla Camera dei Deputati nel Collegio elettorale di Serrastretta. Non dobbiamo dimenticare che lo zio di Michele, il farmacista Francesco Saverio Pane, era introdotto nella vita politica ed era in grado anche di determinare in qualche modo l’orientamento dell’elettorato. Ciò è comprovato anche dalla corrispondenza con il nipote acquisito il filosofo francesco Fiorentino ai tempi delle sue candidature alla Camera.

Al tempo del processo Francesco Saverio Pane era già scomparso da tempo ma il canale con l’onorevole Colosimo era ancora aperto e quindi la sua scelta come avvocato difensore di Michele Pane in una causa che, per certi versi, aveva una connotazione politica, fu possibile e si dimostrò vincente.

Terminata la fase processuale Gaspare Colosimo, anche quando fu senatore, sottosegretario e ministro, conservò sempre buoni rapporti con Michele Pane stringendo con lui un rapporto di vera e duratura amicizia.

Nella biografia di Michele Pane sono riportati molti episodi in cui il poeta si rivolge al potente uomo politico per ottenere un aiuto nella ricerca di un posto di lavoro, sia in America sia, ancora più auspicabilmente, in Italia. Non si può, onestamente, dire che Colosimo abbia trascurato l’amico, poiché esistono prove o almeno indizi sul suo intervento, però non è nemmeno possibile pensare che con l’influenza che poteva avere un sottosegretario o un ministro non c’era modo di trovare un posticino da impiegato ad una persona esperta in contabilità, giornalista e scrittore!

 

Frammento di lettera da Colosimo a Michele Pane

Frammento di lettera da Colosimo a Michele Pane

Nel Comune di Colosimi (pr. di Cosenza), suo paese natale, fu dedicato a Gaspare Colosimo un monumento che una volta era collocato nella piazza principale.
Nei primi anni del Duemila fu spostato in una piccola piazza dove ora si trova, come si vede dalle fotografie che seguono.

Il busto di Gaspare Colosimo in una piazzetta del centro abitato

Il busto di Gaspare Colosimo in una piazzetta del centro abitato

busto Colosimo

Busto di Gaspare Colosimo

Testo sul monumento a Gaspare Colosimo

Particolare del testo sul monumento

Il testo dice:

IL MIGLIORE

FRA I FIGLI DELLA CALABRIA

GASPARE COLOSIMO

PATRIOTA STATISTA

COLONIALISTA

GIURECONSULTO FILANTROPO

ALLA GRAN MADRE ITALIA

CON GIOVANILE ENTUSIASMO

CON AMORE INFINITO

DEDICO’ TUTTA LA VITA

 

Per consultare alcuni documenti relativi alla carriera politica di Gaspare Colosimo si può utilizzare questo link che apre delle pagine sfogliabili online.

Note biografiche su Gaspare Colosimo sono reperibili nel sito della Pro Loco di Colosimi, suo paese natale, a questo link (apre una nuova finestra).

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Arturo Giovannitti

Arturo Giovannitti

Arturo Giovannitti

Arturo  Giovannitti nacque a Ripabottoni (pr. Campobasso) il 7 Gennaio 1884 da Domenico Maria Giovannitti (Farmacista) e da  Adelaide Luisa Giovanna Evelina Levante.

Iniziò gli studi nella sua terra natale. Impegnato giovanissimo nei movimenti sociali di inizio novecento fu inviato dalla famiglia in America per allontanarlo dal suo attivismo politico. In America studiò dapprima a Montreal presso un seminario protestante (associato alla Università McGill) poi per breve tempo presso la Columbia University di New York. Lavorò per qualche tempo nelle miniere di carbone della Pennsylvania. Subito attivo nelle lotte operaie d’oltreoceano aderì nel 1908 alla Federazione Socialista Italiana del Nord America e successivamente al sindacato rivoluzionario Industrial Workers of World (IWW). Fu editore del settimanale radicale in lingua italiana Il Proletario e fu tra i più grandi oratori del movimento operario. Nel 1912 fu coinvolto con Joseph Ettor in un caso giudiziario che lo rese noto in tutto il mondo e che anticipò il più famoso caso giudiziario di Sacco e Vanzetti.

Durante il grande sciopero di Lawrence nel Massachusetts del 1912 fu uccisa la sedicenne Anna LoPizzo, una operaia tessile durante gli scontri con le forze dell’ordine. Di tale assassinio vennero ritenuti responsabili Arturo Giovannitti e Giuseppe (Joseph) Ettor (tra gli organizzatori per l’IWW dello sciopero) e l’operaio Joseph Caruso quale esecutore materiale dell’assassinio. I tre vennero incarcerati. Il loro caso suscitò un enorme clamore nell’opinione pubblica americana e mondiale. Per affermare la loro innocenza si fondarono movimenti e associazioni in tutto il mondo. L’IWW con una sottoscrizione pagò le spese processuali. I lavoratori tessili di Lawrence proclamarono uno sciopero generale per il loro rilascio. Giovannitti venne processato con Ettor e Caruso a Salem (Massachusetts) ma poi furono scagionati nel novembre 1912.

Giovannitti Caruso Ettor

Joseph Caruso, Joseph J. Ettor e Arturo Giovannitti

 Giovannitti fu instancabile nel suo attivismo. Fondò e scrisse su vari giornali in lingua italiana e inglese. Nel 1923 fu il primo segretario generale della Anti-Fascist Association of North America. Nel 1925 insieme a Ettor si adoperò per la causa di Sacco e Vanzetti.

In carcere Giovannitti scrisse il poema “The Walker”, che lo fece conoscere ad un ampio pubblico. Tra i suoi scritti sono da ricordare la raccolta di poesie “Parole e sangue” (1938) e “Quando canta il gallo” (1957). Sono stati pubblicati postumi “The Collected Poems” (1962), in lingua inglese.

Nei confronti di Michele Pane, Giovannitti dimostrò stima e apprezzamento, come dimostra la lettera che gli scrisse a proposito dell’opera Caprera (così si sarebbe dovuta chiamare Garibaldina) di cui aveva avuto una parte in anteprima e che sarà inclusa nell’opera stessa:

Lettera di Giovannitti a Michele Pane

Lettera di Giovannitti a Michele Pane pubblicata in Garibaldina nel 1949

Alla morte di Michele Pane Giovannitti scrisse alla vedova Concettina una lettera dal seguente tenore:

ESIMIA Signora. La triste nuova della morte del suo illustre Consorte mi è giunta con lungo ritardo e mi ha colpito nel più vivo del cuore.
Era un gran poeta, un uomo di gran cuore ed un perfetto gentiluomo e la sua memoria resterà duratura nellʼaffetto e nella venerazione dei Suoi innumeri ammiratori fra i quali ho lʼonore e lʼorgoglio di iscrivermi anchʼio. Possano queste povere e umili parole lenire il suo dolore e quello dei suoi figlioli e congiunti.
Le bacio ambo le mani, commosso e riverente.
Arturo Giovannitti
Georgetown

Giovannitti morì a New York il 31 Dicembre 1959.

Il suo paese natale di Ripabottoni ricorda la figura di Giovannitti con un premio letterario che si svolge annualmente.

Questo è il link al sito della Fondazione virtuale Giovannitti in cui si può trovare qualche documento interessante sul personaggio.

La fotografia seguente mostra Arturo Giovannitti, evidenziato nel cerchio e con il suo inseparabile foulard rosso fiammante, mentre partecipa ad un picnic nel South Side di Chicago organizzato per la raccolta di iscritti al movimento socialista americano. Giovannitti partecipava sempre a queste manifestazioni ove era accolto con entusiasmo perchè era, oltre che un grande scrittore, soprattutto un ineguagliabile oratore.

Giovannitti nel 1911 picnic a Chicago

Giovannitti nel 1911 in un picnic a Chicago

 

 

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