70 anni fa la scomparsa di Michele Pane

Il 18 aprile 1953 moriva a Chicago (Usa) il poeta Michele Pane, gloria di Decollatura e della Calabria intera. Ripropongo la cronaca di quel triste giorno così come l’ho raccontata nel volume Michele Pane. La vita da pagina 222:

Arriva così, tra gli alti e bassi della salute, il 18 aprile 1953. Quel giorno era giunto a Chicago, proveniente da Detroit, lʼamico Giuseppe Procopio che aveva preso alloggio al Morrison Hotel. Subito lʼamico si affrettò a telefonare a Michele Pane per informarlo della sua presenza in città e del desiderio di andargli a fare visita quello stesso pomeriggio[1]. Era quasi un anno che i due non si vedevano ed entrambi pregustavano la gioia per lʼincontro; dalla voce forte e metallica — così la definì Procopio — Michele Pane sembrava in ottima forma e rimasero dʼaccordo per lʼincontro pomeridiano.

Michele Pane decise di uscire per comprare un poʼ di vino perché Procopio sarebbe stato suo ospite a cena; comprò mezzo gallone di vino e tornò verso casa ma, giunto allʼingresso, chiamò la moglie dicendo di non sentirsi molto bene. Maria Concetta lo aiutò a entrare e a togliersi il cappotto e, mentre lui cercava di minimizzare sostenendo che si trattava solo di un leggero malore, lo convinse dapprima a sedersi sul divano per togliergli i vestiti e poi a stendersi sul letto. Proprio in quel momento fu colpito da emorragia celebrale, mentre continuava a puntare il dito verso il proprio collo; Maria Concetta pensò che avesse perso la parola e stesse cercando di indicare qualcosa a gesti, ma in quel momento entrò in un coma profondo. Subito telefona a Salvatore e al dottore Emanuele. Nessuno dei due è in casa ma appena le rispettive mogli li riescono a rintracciare si precipitano a casa dellʼammalato. Il dottore Emanuele, intuendo la gravità dellʼaccaduto, attraversa la città senza badare ai semafori rossi che incontra e appena arrivato al capezzale di Michele Pane gli pratica unʼiniezione e ordina borse di ghiaccio da mettergli sul capo. Maria Concetta, discretamente, dice a Sal di chiamare il prete — padre Kelly della vicina chiesa di San Bonaventura, distante pochi isolati. Era la chiesa che insieme alla figlia Leda aveva visitato ancora una sola volta, il Giovedì Santo precedente, da quando si trovavano nella nuova casa. Il prete arriva dopo cinque minuti e Sal chiede che gli impartisca lʼestrema unzione: è lʼuna dopo mezzogiorno e Michele Pane è da due ore in coma.
    La notizia dellʼaccaduto circola e iniziano ad arrivare amici e conoscenti: i signori Paternostro, i Grandinetti, i Minerva, i Guido, i Torronio e via via tutti gli altri. Doris, lasciata Pamela alle cure della zia, rimarrà a fianco di Sal per tutti i giorni seguenti, rientrando solo a tarda ora a casa sua per mancanza di spazio nella casa della suocera. Alle 11,30 della notte di sabato 18 aprile 1953, Michele Pane spirò dopo aver aperto gli occhi per un attimo ma senza aver mai ripreso conoscenza[2].


[1] Il racconto di quella giornata fu pubblicato da G. Procopio su «La Follia di New York» nel numero del 1 maggio 1953 in un articolo dal titolo In morte di Michele Pane.

[2] Le notizie dettagliate sulla morte e sui funerali di Michele Pane sono state attinte da due lunghe lettere spedite a Libertà dal fratello Salvatore e dalla cognata Doris, rispettivamente il 22 e il 27 aprile 1953. Anche Amedeo Paternostro, in una lettera a Libertà del 24 aprile, racconta gli ultimi istanti di vita di Michele Pane cui avevano assistito: «Proprio nel momento in cui esalava lʼultimo respiro, nel tenergli il polso, sotto le coperte, lo sentii fremere in tutto il corpo, aprì gli occhi che per circa dodici ore erano rimasti chiusi ma, un istante dopo, un secondo fremito più leggero del primo e lʼaffievolito respiro mi davano a capire che la catastrofe era imminente. Gli occhi incominciarono a chiudersi nuovamente, il respiro cessò e, mentre intorno, trepidanti, erano la Sig.ra Concettina, Leda, Salvatore ed Amelia [la moglie di Amedeo, n.d.a.], ebbi la forza di far credere che il polso ancora batteva. Una bugia di pochi secondi soltanto che, per quanto brevi, furono di preparazione allʼimmane sciagura avvenuta alle ore 23.30».

Il certificato medico, sottoscritto dal dott. Nicola Emanuele e da Salvatore, indica come causa del decesso “emorragia celebrale” dovuta ad ipertensione di cui il defunto soffriva da un anno. Il defunto viene dichiarato “giornalista” ritirato dal lavoro da 20 anni e senza nu­mero di Social Security (Previdenza Sociale). Stato dellʼIllinois, Cook County, Medical Certificate of Death n. 26016 del 21 aprile 1953.

Michele Pane in una delle ultime fotografie (1952)

Michele Pane in una delle ultime fotografie (1952)

Nell’immagine che segue vediamo l’amico Giovanni Falvo, decollaturese che vive a Toronto, rendere omaggio a Michele Pane visitando la sua tomba nel cimitero di Chicago.

E’ ancora lì che riposa, insieme alla moglie Maria Concetta Bilotta, visto che ogni progetto di riportare a casa i loro resti non ha potuto avere seguito.

Giovanni Falvo sulla tomba di Michele Pane

Giovanni Falvo sulla tomba di Michele Pane

 

Tomba di Michele Pane

La lapide sulla sepoltura di Michele Pane

(Clicca su questo LINK per visualizzare il post relativo alla visita di Giovanni Falvo al cimitero di Chicago con i filmati da lui girati).

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