Michele Pane al «Maggio dei libri» a Lamezia Terme

Nel quadro della manifestazione «Maggio dei libri» che la Biblioteca di Lamezia Terme ha presentato lo scorso 23 aprile, una giornata sarà dedicata all’opera «Michele Pane. La vita» di Giuseppe Musolino.

Il «Maggio dei libri» è promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed è giunto alla seconda edizione. Il Comune di Lamezia Terme, grazie al particolare impegno della dott.ssa Claudia Brunetti, funzionaria responsabile dell’Ufficio Beni e Istituzioni Culturali, ha ampliato molto il calendario degli eventi che va dal 24 aprile fino al 31 maggio.

Locandina

Locandina

La confererenza stampa si è svolta nella sala della Biblioteca Comunale al Palazzo Nicotera, dove avverranno le “conversazioni” con gli autori dei libri selezionati. Il Vicesindaco Francesco Cicione ha illustrato l’iniziativa che, come ha spiegato la dott.ssa Brunetti, è stata resa possibile anche grazie all’impegno di molti volontari che sono vicini alla Biblioteca Comunale di Lamezia Terme.

Conferenza stampa
Conferenza stampa

Di Michele Pane si parlerà il giorno 24 maggio 2012, alle ore 18,30, quando la prof.ssa Giovanna De Sensi Sestito converserà con Giuseppe Musolino sulla biografia «Michele Pane. La vita».

Palazzo Nicotera, sede della Biblioteca Comunale di Lamezia Terme

Palazzo Nicotera, sede della Biblioteca Comunale di Lamezia Terme

Questo è il link per il sito ufficiale nazionale della rassegna «Il Maggio dei libri»

 

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Recita alunni Scuola Media a «Domenica in Piazza» – 2004

Ogni tanto capita di ritrovare del materiale risalente a qualche tempo prima ma che vale la pena riproporre a beneficio di quanti non avevano avuto occasione di vederlo a suo tempo.
In questo caso si tratta della recita della poesia ‘A staffetta di Vittorio Butera eseguita dagli alunni della Scuola Media “Michele Pane” di Decollatura, guidati dalla prof.ssa Raffaella Sacco, nel corso della trasmissione Una domenica in Piazza del 23 aprile 2004 che Video Calabria 8 trasmise in diretta da Piazza della Vittoria di Decollatura.

Ecco il filmato:

Alla prof.ssa Sacco, ora in pensione, va il ringraziamento per aver sempre valorizzato il patrimonio culturale del territorio, avvicinando intere generazioni di studenti alle opere dei poeti Pane e Butera.
Agli alunni i complimenti per la disinvoltura con cui hanno affrontato la piazza e le telecamere!

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Omaggio a Michele Pane al Terrazzo Pellegrini di Cosenza

Omaggio a Michele Pane al Terrazzo Pellegrini di Cosenza

Ieri 11 aprile 2012 una manifestazione in omaggio a Michele Pane si è svolta nella prestigiosa sede del «Terrazzo Pellegrini» di Cosenza. A volerla e ad organizzarla è stata l’Associazione I 13 Canali di Cosenza (link al sito), nata con il preciso scopo di difendere e valorizzare il patrimonio culturale del dialetto.

Omaggio a Michele Pane

La manifestazione è iniziata con il saluto di benvenuto della responsabile della Casa Editrice Pellegrini — presso cui ha sede ufficiale l’Associazione I 13 Canali — seguito dall’intervento del prof. Mario Iazzolino, Presidente della stessa. Il professore ha ricordato le finalità del lavoro del gruppo che coordina ed ha svolto una dotta dissertazione sul rapporto linguaggio-lingua nazionale-dialetto che a breve metterà a disposizione del pubblico sul sito dell’Associazione.

Musolino, Ferlaino, Iazzolino, Calomino

Musolino, Ferlaino, Iazzolino, Calomino

E’ stata poi la volta del prof. Franco Ferlaino, Cultore di Etnologia presso l’Università della Calabria, che ha trattato della biografia di Michele Pane, soprattutto per alcuni aspetti della sua formazione scolastica e umana, alla luce delle novità contenute nella biografia sul poeta scritta da Giuseppe Musolino. Ferlaino ha evidenziato l’importanza del minuzioso lavoro svolto dall’autore, definendolo, come già aveva fatto, un lavoro di “carotaggio” attraverso la vita, la società, le persone, gli usi, i luoghi che hanno avuto a che fare con Michele Pane.

Omaggio a Michele Pane

Il prof. Giuseppe Musolino, autore della biografia Michele Pane. La vita, ha parlato della vita e dell’opera di Michele Pane avvalendosi della presentazione di materiale documentario e fotografico inedito, molto apprezzato dal numeroso e competente pubblico intervenuto.

Omaggio a Michele Pane

Nel corso della manifestazione ci sono stati degli intermezzi con la lettura delle poesie di Michele Pane da parte di alcuni appassionati componenti dell’Associazione, che hanno nel piacere di leggere per sè e agli altri le poesie dialettali, uno dei motivi principali per lo stare insieme. Il prof. Franco Calomino ha letto I tumbari, Ciccio De Rose Cuntrattu, Antonio Martire Maju e Maria Luigia Campolongo ha concluso con una partecipata e apprezzatissima lettura di Tora, ‘A serenata e ‘A catarra.

 

Leggono le poesie: Campolongo, Colamino, De Rose, Martire

Leggono le poesie: Campolongo, Colamino, De Rose, Martire

Altre immagini della manifestazione nella Photogallery a questo link.

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Azzarelleide

Azzarelleide è un poemetto pubblicato per la prima volta in Viole e ortiche nel 1906 ma era stato composto già da molti anni. Lo testimoniano innanzitutto la pubblicità in quarta di copertina di Trilogia  pubblicata nel 1901 in cui si legge «Di prossima pubblicazione: Azzarelleide (Vrogniata in la maggiore)».

Quarta di copertina di Trilogia

Quarta di copertina di Trilogia

Non si è molto lontani dalla verità se si ipotizza che Azzarelleide sia stata composto nello stesso periodo de L’uominu russu con il quale condivide le stesse tematiche e, forse, anche gli stessi personaggi.

In Viole e ortiche fa parte di Ortiche,  e quindi si pone nel filone delle opere contro gli uomini malvagi e ingordi, che approfittano della loro posizione per curare i propri affari andando contro moralità e giustizia.

Azzarelleide

Azzarelleide

E veniamo al merito dell’opera. Innanzitutto, il titolo. E’ evidente il riferimento ad un’opera epica suggerito dal suffisso -eide che vuole richiamare l’Eneide o forse anche l’irriverente Ceceide di Vincenzo Ammirà. Il personaggio di cui si narrano le “eroiche” vicende è Azzarielllu, quarto figlio nientemeno che di Marte! Pane si riferisce sicuramente a un’altra persona, un uomo in carne e ossa che si vuole prendere in giro — come era accaduto con L’uominu russu — ma di chi si possa trattare è un vero mistero. Forse i contemporanei avrebbero potuto capirlo da qualche riferimento che però ormai è troppo difficile, anzi impossibile, decodificare.

Soffermandosi sul sottotitolo «Vrogniàta in La maggiore» c’è già di che scrivere e approfondire.
La vrogniàta: ma che cos’è? E’ una parola inventata da Michele Pane stesso a partire da vrogna. La vrogna (“brogna” in italiano) è uno strumento musicale primitivo, una grande conchiglia usata come corno. In genere si usava il guscio del Triton nodiferum, un mollusco che arriva alle dimensioni di 30-40 cm, che la mitologia vuole venisse usato da Tritone per agitare o placare le acque. Ne è un esempio la statua della fontana del Tritone di Bernini in Piazza Barberini a Roma in cui Tritone è rappresentato nell’atto di soffiare dentro una «vrogna» detta anche «buccina» (da bocca) dalla quale scaturisce uno zampillo d’acqua.

Fontana del Tritone - Roma

Fontana del Tritone - Roma

La vrogna è uno strumento usato originariamente da popolazioni costiere, successivamente passato in uso anche alle popolazioni dei paesi interni. Qui, poi, data la difficoltà di procurarsi la conchiglia, è stato lentamente sostituito da uno strumento simile ricavato dal corno di animali come i bovini che nelle antiche razze ne avevano di giganteschi. Il suono che produce la vrogna è una bassa tonalità che però ha la caratteristica di propagarsi per lunghe distanze, caratteristica che condivide con il corno alpino (quella specie di pipa lunghissima), e tutti gli altri corni usati specialmente nelle montagne come mezzo di comunicazione tra persone (specialmente come segnale di pericolo o dare il via a qualche attività) o per richiamo delle greggi.

porcaro

Il custode dei maiali mentre suona la "vrogna"

Ecco un esempio del suono di una «vrogna» (registrazione del 1961 eseguita a Siracusa):

 

Un interessante collegamento con la «vrogna» esiste nell’etimologia del nome del paese di Brognaturo, in provincia di Vibo Valentia, nel quale è evidente il nesso tra lo strumento e il nome proprio della località derivato dalla circostanza di essere un luogo in cui venivano pascolati allo stato brado animali (verosimilmente maiali) che poi venivano richiamati con l’apposito strumento (vedi l’interessante studio pubblicato qui)

Suonare la vrogna si dice vrogniare, come faceva il pastore o il porcaro che andavano suonando il corno per le campagne per richiamare e radunare i propri animali. Da qui è nato l’uso figurato del verbo vrogniare che equivale ad «andare a strombazzare» cioè ad andare in giro raccontando ad alta voce cose poco edificanti nei riguardi di qualcuno. Insomma «svergognare», che poi è l’intento di Michele Pane.

La parte I, dopo la dedica, inizia con questi versi:

Mo’ s’ùsanu le trumbe ed è vrigogna

         sonare chista marcia ccu’ lla vrogna.

E qui inizia la narrazione delle vicende del personaggio cui è dedicata l’opera,  Azzariellu, a partire dai suoi natali fino alle imprese più inverosimili che avrebbe compiuto.
Il nome Azzariellu è il diminutivo di azzaru, “acciaio”, quindi dovrebbe un uomo forte e coraggioso, ma non è così come si vede dalle sue gesta donchisciottesche.
Commentare tutto il poemetto è un’impresa che esula dai fini di questo sito anche perché, come detto sopra, i riferimenti a persone e fatti sono troppo oscuri e nessuno ha mai tentato l’impresa di scavare a fondo nei versi per arrivare a ciò che vi si nasconde. Quel che si può fare qui è fornire un riassunto delle strofe sperando che prima o poi qualcosa in più, oltre il significato letterale, si riesca a decifrare.

AZZARELLEIDE

I

Azzariellu, figlio di Marte, era l’ultimo di quattro fratelli. Il primo si chiamava Spavìentu (Spavento), era veloce più del vento proprio come un uccello rapace.
Ma era avvezzo al vino che preferiva alla lotta e perciò il padre non ne era molto contento.
Il secondo fratello si chiamava Cacacchiu (Fifa) ed era abilissimo nel tiro col fucile. Se andava a caccia, il sangue scorreva a fiumi ma anche di lui il padre era scontento per motivi che non si possono dire (così afferma il poeta).
Il terzo si chiamava Fracassa, grande raccontatore di frottole fin da piccolo e quindi il padre non se la sentì di affidargli il comando delle squadre militari che aveva ai suoi ordini.
E infatti il compito di comandare tali squadre di uomini  fu affidato all’ultimo nato, proprio l’Azzariellu cui è dedicata l’opera.

II

Azzariellu dunque si veste d’autorità e al comando della gente che aveva provveduto ad arruolare (suonando la vrogna per richiamare l’attenzione).
Nei versi seguenti Michele Pane descrive le iperboliche dimensioni degli accessori militareschi di cui si dota Azzariellu: spada di un quintale, giberna fatta con la pelle di un’intera cavalla, capace di contenere pane quanto se ne produce in quattro forni, pallottole quanto una braciola (crocchetta), ecc.
Così munito va all’attacco del Drago, un terribile mostro dalle sette teste, che si nascondeva in una grotta nella località Sorbello, una zona nei pressi dell’allora frazione Passaggio di Decollatura.
Il perchè della scelta di questa località è impossibile da comprendere con quanto sappiamo (anzi non sappiamo) oggi.

III

Azzariellu giunge quindi all’ingresso della grotta da dove il Drago, vedendolo arrivare, era già morto dalla paura.
Entra nella grotta il Capitano Azzariellu, pistola in mano, e alla luce della candela accesa dall’aiutante di campo (lo schiavo —scavu— è scritto nei versi) appare il Drago morto per il terrore.
Azzariellu ordina all’aiutante di scuoiare il mostro dopo che egli stesso con la spada lo ha diviso in due.
Quel cuoio servì poi per confezionare una pelliccia per un tale che indossandola acquisisce poteri sovrumani e vince tutte le cause, essendo un avvocato e, forse, anche un politico.
Con questo riferimento esce allo scoperto Michele Pane, rendendo esplicito (lo fa ancora di più nei versi seguenti) il riferimento ad uomini avidi e ingordi, in qualche modo contigui al potere che ha in mano il Comune di Decollatura in quel momento. E infatti, squartando e sezionando la bestia immonda, Azzariellu trova in una piega del gigantesco intestino, nientemeno che un intero edificio, il Municipio! Era stato completamente spolpato dal mostro!
Per portarli in omaggio agli altri suoi amici, Azzariellu fa staccare dal corpo del Drago un orecchio, del grasso per ungere stivali, ecc.

IV

Il successo di Azzariellu non fu però completo. Mancava all’appello il tesoro che tuttora lì rimane protetto da un incantesimo.
Dopo aver preso quel che gli serviva, Azzariellu fece rotolare fuori dalla grotta, giù per il pendio, i resti del mostro e solo rimase nella grotta un grosso dente.
Ed è quel dente che il cane del poeta trovò quando, inseguendo un furetto, si addentrò nella grotta.
Oggi, quel dente aguzzo, “lo uso io” — dice il poeta—. Per pungiglione!

 

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